Per il 70° compleanno di mia moglie, amici dei nostri due figli (molto, molto gentili) ci hanno fatto un regalo, tra gli altri, di due biglietti al concerto a Bruxelles del 9 novembre. In programma due sinfonie: la quinta di Beethoven e la ottava di Shostakovitch. Eravamo emozionati per questo pensiero, soprattutto che ci si era riconosciuta la nostra passione di melomani per la grande musica da più di sessant’anni. Ascoltiamo la musica classica, senza contare, certamente più di dieci ore alla settimana. E questo come nutrimento indispensabile alla nostra vita spirituale, almeno altrettanto che la lettura praticamente quotidiana di libri e di saggi religiosi o sociali… Ma il centro, beninteso, e la parte più importante del nostro impegno di ogni giorno, soprattutto concreto, è il lavoro, la mia impresa, di cui la sopravvivenza nella situazione della crisi economica ci dà la maggior parte dei nostri crucci. Così l’armonia immancabilmente celeste della musica vi costituice sempre soluzione. Dobbiamo pagare, come tutte le imprese, ogni mese salari, fornitori e tasse, sempre più tasse. Ma, felicemente per noi, nel conforto della liturgia e della musica.
Mia moglie ed io siamo diventati molto esigenti nelle nostre scelte quotidiane di impegni che sono tutti cronofagi al limite del tollerabile. Del resto è la situazione esistenziale dell’uomo contemporaneo che è sempre indaffarato e in ritardo. Oltretutto siamo innanzitutto preoccupati, provvidenzialmente, di salvaguardare la nostra vita spirituale e culturale. Anche con attività apparentemente inutili e considerate abitualmente tali, come quelle religiose: si tratta della causa prima dell’abbandono delle pratiche della Chiesa. Da cui le forme depressive o di senilità lobotomizzate proprie di una vita che è costituita solo di cose reificate da parte del nichilismo della società dello spettacolo. La quale promette di riempire la vita piuttosto che di darle senso: che, essa afferma tuttavia, di non poter esistere.
La musica, la grande musica classica, prodotta soprattutto nella cività europea, da Bach a Brahms e da Mozart a Schubert, mostra invece il senso, o la via del senso, in modo anche massimamente affascinante. La bellezza e la profondità infinita della vita che ricorda sempre il Mistero del Logos non potevano essere percepite in modo più tellurico e sublime che attraverso il melos, sempre completamente impercettibile malgrado tutto, da parte di ciò che viene chiamata la musica classica. Così si sono avuti più di due secoli di miracoli piuttosto divini con opere che hanno conquistato tutte le culture della terra. Fino all’ultimo cinese, Lang Lang, e fino al pianista concertista, mio cugino argentino (da parte della famiglia di mia madre), Aquiles Delle Vigne, di cui il mio gruppo di agenzie Eurologos ha sponsorizzato la registrazione della più grande creazione musicale forse della storia: le 32 Sonate di Beethoven.
Allo stesso modo, appena il libro “Spirto gentil” è uscito in italiano, commentato estensivamente da parte di don Giussani (in via di beatificazione), mia moglie ne a comprati subito sei copie per farne regalo in famiglia. Il libro raccoglie testi di don Giussani su numerosi capolavori della storia della musica. Esso prende il titolo da una casa editrice musicale di cui il fondatore (probabile futuro santo) del movimento ecclesiale Comunione e Liberzione, amava ripetere qu’egli era solo la levatrice, come di nen altre istituzioni religiose nate sotto la sua impulsione.
È ben conosciuta l’importanza centrale nella catechesi di monsignor Giussani della musica classica che già da bambino, nella sua famiglia povera e operaia, aveva imparato ad amare prima di divertarne un amante sofisticato e culturalmente inconditionale in seminario. Il suo libro “Spirto gentil” resta un documento critico di religiosità squisita che accompagna decine di musicologi avvertiti che si sono espressi intorno a numerose opere che hanno fatto la storia della bellezza musicale.
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