Qual è la strumentalità delle tre forme conosciute di governo, per poterle scegliere? Esse sono la monarchia, l’aristocrazia e la democrazia. Cosa significano precisamente e come gerarchizzarle? Perchè nella forma democratica si aggiunge sempre l’aggettivo “liberale”? E soprattutto qual è il principio inevitabilmente perverso che le accomuna?

Partiamo da questa ultima domanda e certamente “prima”, come fondante per ognuna
Il Potere – si sa – è unico e indivisibile. Sia l’Essere filosofico spesso anche definito, nel suo divenire o nella sua trasformatività, col participio presente Essente. Il quale è la sua unità espressiva nella realtà e porta sempre al “monismo”. Cioè verso la personalità unica dell’individuo umano, della Persona. Oppure rispetto all’animale, al vegetale e alla cosa piuttosto inanimata. Fino a dover celebrare l’unità originaria dell’ordine armonioso del Creato, che tutti noi incontriamo fin dalla nostra nascita, letteralmente regalata per Amore.
È ovviamente in quello che oggettivamente avviene, in modo sovra-naturale, “monoteistico” di un solo Dio: necessariamente unico e vero Creatore. Gli uomini tutti, veramente tutti se lo vogliono consapevolmente, capiscono perfettamente il senso del massimo Mistero della Creazione, pure innanzi tutto e spontaneamente nella loro storia personale. Quando non ne sono stati sopraffatti: solo però… nel tempo provvisorio, divino e non cronologico dell’esistenza. Quello proprio dell’errore antropologico e ideologico, unicamente materiale e già anti-trascendente nella loro affermazione di “volontà di potenza” narcisista: quindi chiaramente falsa. Anche l’ovvietà più ottusa dell’intelligenza della totalità dell’umanità di tutti i popoli è sempre giunta immediatamente a “com-prendere”, o soprattutto a “farsi prendere”, dalla stessa comprensione, di quanto hanno sempre chiamato “evidenza”. Si potrebbe pure dire, che la nascita della parte più “concreta” e visibile della realtà – ovvero della Fede – sia costituita dal suo carattere “trascendente: il supremamente teleologico, cioè finalistico – da cui la totalità dell’“l’alfa e l’omega” cristiani –, vale a dire dell’”Uno assoluto” di sempre, anche istintivamente identificato, per l’uomo stesso. Su tutto e ognuno sovrastante. Donde la spontanea religiosità irriducibile e naturale, pure per gli atei detti comunemente negazionisti! Ma di cosa?
Come poteva mancare all’azione, dalla sua intrinseca Creazione, questo carattere vero e reale, che sta alla base del vivere inevitabilmente umano? E, nella fattispecie, conforme alla gestione del suo inerente risultato anche solo fattuale? Stiamo parlando, naturalmente con la stessa evidenza, pure della politica e della sua sintesi realizzativa, ineliminabile quanto metafisica. Materializzata nel risultato stesso del volontario e ineluttabile Lavoro umano: il Potere!
Con il tutto, nella costatazione semplice e naturale del primo e preponderante “istituto” sistematicamente incocciato da ciascun umano: come primo incontro anche primitivamente essenziale, dalla propria e sempre misteriosa nascita, quella dell’inevitabile Famiglia.
Come motore originario della conoscenza e della propria irrefrenabile ricerca vitale (più o meno volontaria e consapevole), nell’indagine consueta, sanguigna e viscerale di ciascuno.

Il fondamento epistemico, ossia veritativo anche sul piano teorico, della strumentalità nella governance (relativo quindi alle tre note forme di governo), è costituito dal suo “sopra” (la trascendenza) e dal suo “sotto”, da cui riceve mandato (il sostegno popolare)
Non poteva essere che così, supremamente con stupore: almeno mettendo in pratica le due fonti di energia vitale e naturale che, sempre indispensabilmente, ingenerano anche la governance: a partire dal reale sempre materiale (l’umano vivere sociale) e verso l’altrettanto reale-spirituale (la divina “Creazione continua” dell’esistenza!). Vale a dire le due dimensioni semplicemente costitutive della Vita. Che ognuno misteriosamente incontra, già da neonato o bebè sgambettante. La stessa vocazionale e incarnata nell’eterna concreta Famiglia naturale (ontologica); insieme a quella divina, altrettanto vera e logica del Dio unitario e trinitario, anche nell’insopprimibile vita intima. Cui deve sottoporsi liberamente e per definizione la volontà, anche la più razionale: cioè sottomessa alla sempre arcana Fede. Queste Verità dell’evidenza sono anche quelle Rivelate, rispetto alla loro dimensione sopra-naturale e sempre affermate, nella concretezza della civiltà soprattutto Riivelata. Quella naturalmente cristiana, in quanto divenuta nella continuità modello, per attrazione e soprattutto per missionarietà consensuale. Pure rispetto a tutte le altre culture e religioni approssivamente lontane. Fondamentalmente, cioè si tratta delle due dimensioni globali che si estrinsecano sempre tra quella orizzontale del sociale (anche comunitario) di appartenenza. Integrata al naturalmente a quella più scelta o in apparenza “casualmente” incontrata. Fino a giungere all’altra mai vista veramente, ma divenuta sempre più incombente e verticale: per arrivare al concetto acquisito e da tutto già intuito sull’eternità. In breve, nella sintesi in cui l’orizzontalità esistente prende significato e coscienza continua, della sua estensione verso l’ascendente direzione del senso compiuto e totalizzante dell’al di là… Si tratta, nella nostra civiltà, dell’intersecarsi cioè dei due legni della Croce, inchiodati all’incrocio e gerarchizzati secondo la loro naturale e necessaria lunghezza!

Tra i tre tipi di governance conseguenti e logici, la “monarchia” non può non essere designata come la più naturale. A causa del fatto che, anche malgrado tutto, per saper veramente governare, è indispensabile un lungo insegnamento: quello della Famiglia
Ci sono nella storia molti esempi di re che sono lungi dal poter totalmente impersonificare questo principio basilare. Parecchie Famiglie di dinastie monarchiche, specialmente nel pieno della crisi moderna del pensiero immanente e solo filosofico, sono nel’incapacità di poter insegnare, nel suo seno, i princìpi regali irreprosciabili… Non è possibile trovare comunque paragoni tenibili e supremi, nella sempre possibile confrontazione con l’essenza regale del tradizionale riferimento trascendente e metafisico. L’Autorità monarchica è sempre discendente dalla sua obbedienza alla Creatore dell’universo. Figuriamoci oggi l’assurdo in cui sono diventati sconosciuti sia il concetto di obbedienza che di Trinità! Oltre ai princìpi sempre esterni in quanto essenzialmente morali. Ci vuole in effetti una lunga pedagogia – resa socialmente impossibile da almeno molti decenni – che solo la Famiglia (non solo) reale può disporre se non si oppone caparbiamente, nei due sensi dell’aggettivo. Quello veritativo e quello regale: i quali possano infondere una padronanza completa umana per far fronte alle sempre nuove eventualità che gli eventi della storia riservano nella continuità.
Come, del resto, potrebbe governare un re (o un presidente) che non dimostrerebbe, parallelamente, di saper regnare nella sua stessa Famiglia? Basti pensare alle vicende sempre pietosamente boccaccesche delle famiglie moderne (anche monarchiche o “nobili”), tutte sottoposte alle Costituzioni moderne e gnostiche o dette “popolarmente elette”. Per potere ereditato o per consuetudine socio-economicamente trasmessa, degli opinionisti VIP.
Tutti sfasciati dalla volontà di potere edonista e pure ideologicamente stracciona (malgrado le ingenti “ricchezze”)… La cosa potrebbe portare pure alla consueta preferenza per la scelta ora di governanti eletti a tassativo termine. Piuttosto nella democrazia elettorale. Ma come vedremo, la cosa non è realisticamente realizzabile in modo sistematico. Anzi!
Di fatto, ogni modalità strumentale di governo dipende principalmente anche dalla tradizione di cui è impregnato culturalmente il Paese in questione. Il quale, almeno sul piano teorico, è meglio che segua la sua specifica forma di governo tradizionale, come pure è confermato da tutto il Magistero tradizionale della stessa Chiesa cattolica. Il problema fondamentale non è, infatti, del tipo di privilegiare questa o quella governance, perché oggettivamente superiore, sempre solo sul piano – si ricordi – strumentale. Ma relativamente a quello della completezza e del rigore applicativo sopra indicati: soprattutto dopo aver sottomesso il tutto alla Regalità universale di Dio. Tenendo conto che le forme moderne di governance sono tutte e tre inficiate dalle relative Costituzioni che affermano in modo laicista e ateizzante la “sovranità del popolo”, al di sopra di tutto. Una sovranità impossibile da realizzare sullovvio piano pubblico, in quanto falsa nella sua essenza: il popolo ne è semplicimente privo allorquando – da secoli – ha scelto di secolarizzarsi. Il popolo non potrà mai così essere direttamente sovrano: proprio per il semplice fatto che sempre è intrinsecamente sottoposto al Peccato originale. Con la sua ontologica e incipiente “scemenza” petrina e moderna, propria dell’irrazionalismo o del razionalismo (non comunque razionale).
E naturalmente va considerato l’enorme vantaggio, tipico del governo delle società moderne affidate ai partiti, cioè ad organizzazioni abitualmente politiche, intrinsecamente parziali e partigiane, ossia di sistematica parte, quindi non proprio di “Bene comune”. Che anche in coalizione e solo pure maggioritariamente compongono il governo moderno: fatalmente ingiusto e creatore d’ineluttabile “malgoverno”, o non coincidente nonchè spesso lontano oggettivamente dal “Buon governo”.

Il governo aristocratico è vicino alla monarchia, ma esso era già inficiato all’origine da una fatale pratica della nascente borghesia democratica antropocentrica. Anche se può confluire in un governo detto di “popolo illuminato”, di tipo democratico e costituzionale…
Si ha, quindi, il processo aristocratico che va sempre dal meglio al peggio. Si è avuta, infatti e per esempio, la Repubblica di Venezia, aristocratica nel suo splendore o, per finire, nel suo più smodato vizio. Oppure è famosa l’”organizzazione comunale” dei comuni medievali, all’origine sempre integerrima (non fosse che per la loro anche abituale brevità rinnovata elettoralmente: nel lunghissimo Medio Evo di ben mille e cinquecento anni. In cui si è esperimentata la rara e compiuta società veramente di popolo democratico, generalmente aristocrateggiante o piuttosto elitario, per ingegno, talento o per dedizione lavorativa e pure artistica….
Soprattutto dovuta alle “gilde”, le strutture totali e organizzative costitutive della vera democraticità diretta e oggettiva (abolite dai rivoluzionari francesi dappertutto). Anche e soprattutto in quanto esse erano composte da Famiglie oltreché da unità produttive imprenditoriali. Ossia, riferite alle organizzazioni familiari e professionali i modo contemporaneo (ovviamente osannate dal Didtributismo). Formate strutturalmente e in modo permanente dai non solo sempre detti “cittadini migliori”, congiutamente concepiti e funzionanti nelle numerosissime fraternità. Esse hanno dato origine pure alla tecnologia iniziale che poi s’è potuta magistralmente sviluppare nella prima grande rivoluzione industriale e scientifica che, nei tempi moderni (soprattutto nell’Ottocento), ha caratterizzato anche la nostra era. Con la terza rivoluzione industriale: quella informatica (dopo quella del vapore e dell’elettrico, inframmezzata dalla sempre permanente epoca del motore a scoppio). Già ora proiettata però nel trans-umanesimo, tanto temuto per il suo intrinseco terrorismo infernale e detto della cosiddetta intelligenza artificiale. Che gia si presenta come tragica “stupidità artificiosa”, per il suo intrinseco e funesto quasi certo totalitarismo anti-antropologico.
Il problema di questa modalità detta aristocratica (del resto coeva dell’altrettanto molto più diffusa monarchia, a volte imperiale) è che la nobiltà di spirito, strutturata socialmente ed esistenziamente ha finito per non più esistere: se non in termini individuali o anche individualisti. La massificazione sociale detta moderna ha fatto sì che, tutti i valori umani e trascendenti fondanti l’aristocrazia di civiltà (e pure della monarchia), si siano evaporati in un’evanescente e oscura inesistenza, dove la morale pubblica è stata deconstruita totalmente. Mancando quindi l’aggettivo, col suo valore semantico superiore di “aristocratico”, il governo tipizzato col suo Senso è così anche sparito, fino ad identificarsi nella non-civiltà della perdizione attuale nel cosiddetto Nuovo Ordine Mondiale di Davos. Esso riaffiora spesso nella sua accezione più negativa con l’utilizzazione della terminologia variabile anche del “governo detto tecnico”. Nel senso di nemmeno eletto popolarmente! Fornendo in tal modo i due esempi più deteriori della “scemenza sociale” masochista e contemporanea: da una parte quella dello scientismo come caricatura della vera scienza razionale dell’autentica ricerca; e dall’altra, come immorale gossip dei costumi più depravati e distruttivi della subordinazione più pedissequa e schiavistica nell’intero mondomoderno e modernista. Quello detto “costituzionalizzato”, perfino con leggi spacciate per eterne, realmente omicide o crudelmente demoniache, nel più estremo governo “democraticamente” liberticida.

Il “governo democratico”, infine, è spesso affiancato dall’aggettivo “liberale”, in quanto è stato già molto usurpato nella tradizione comunista e marxista. Senza però sospettare che, nelle due ideologie, sussiste la stessa perversa e ambigua radice filosofica hegeliana
Abbiamo visto come la possibilità di sostentamento del concetto stesso di politica derivi dalla supposta disponibilità del pricipio, che solo può giustificarlo: però dall’esterno. Questo principio, soprattutto per l’attività pubblica, è quello del vero “Bene comune”. Il quale viene abitualmente utilizzato come se invece fosse non solo disponibile ma pure scontato. Senza nessuna motivazione teoretica conosciuta e attuata nella condivisione ormai dimenticata.
In modo anchesì irrazionale (!), come del resto tutta l’azione del nuovo “dio-factotum”, dello Stato ipertrofico, detto moderno pigliatutto (inventato soprattutto dai filosofi anglo-sassoni a partire dal Rinascimento. Non solo totalitario ma pure concepito come massimamente nella comunicazione progressivamente... amorevole. Prima si essere comune, il principio deve essere di Bene, vale a dire per niente scontato ma tutto derivante dalla visione ovviamente religiosa che solo il Creato può permettere nell’esistenza permanente. Per cui tutta la cultura del pensiero filosofico moderno ha deciso, ormai progressivamente da secoli e dalla funesta epoca del protestantesimo, la ribellione rivoluzionaria. Non solamente neilla sua sostanza, ma pure nel metodo politicista del suo svolgimento quotidiano e permanente. Questa tipica diabolicità è totalmente fatale in linea con la perdizione salvifica del nostro universo umano!
Il Bene eterno non è quello che dovrebbe scaturtire dal maggioritario immanente e materialista, sempre promesso, votato elettoralmente ogni quattro o cinque anni (con percentuali ormai anche irrisorie). Esso coincide in effetti con l’ateismo funzionale e immorale che è alla base delle due ideologie attuali: sia di destra come di sinistra.
Perdipiù, la democrazia (anche liberale) ovviamente maggioritaria, è sostanzialmente indipendente dal valore intrinseco del cosddetto “Bene comune”, in quanto discendente dal pensiero solo immanente, modernista e pure massonico. Per cui, ci si può aspettare solo che, prima o poi, il soggetto che l’esprime tassativamente col voto politico, decida pure l’opposto del Bene razionale. E nemmeno a beneficio evidente della stessa maggiornaza (non totale e spesso anche risicata), pure di una non rarissima tirannica e minima minoranza, come attualmente!
Si pensi che, non solo da qualche dozzina di anni, il 10% delle popolazioni mondiali (le nord-occidentali) consumano quasi il 90% delle ricchezze disponibili sul pianeta Terra…
Come quindi rendere possibile siffatta “democrazia liberale” con la separazione ipostatizzata tra capitale e lavoro? Quindi con un suo governo mondialista (impersonificato, per esempio, dall’attuale Unione Europea) per cui si sarebbe pure disposti dissennatamente con fatalismo, “democraticamente” – e comunque attivi – a una guerra di annientamento totale dell’umanità!
Anche in modo pratico, mai si è avuta una situazione simile, nemmeno col peggiore dei monarchi o imperatori regnanti. Pure se si estrapola la possibilità attuale rispetto a quella dell’allora ovviamente inesistente guerra nucleare! Basti pensare, per esempio a quando, durante il regno di Francia di re Luigi XV o VI (il ghigliottinato!), in cui la nascente borghesia rivoluzionaria, e per questo sempre sanguinaria, aveva anche stabilito, per esempio, che il grano disponibile potesse essere venduto solo espressamente altrove che nel territorio di naturale e agricola produzione! Quindi sottoposto alla sua vendita ai prezzi arbitrariamente esosi statali e statalisti di “mercato”. Decisione non a caso non monarchica e non Distributista e illuminista… Ancora oggi si crede che i detti “prezzi di mercato” siano veramente liberi e non manipolati…
Ritornerò sul problema, specialmente col Distributismo! Non prima di ripetere, anche noiosamente, che il Regno di Cristo Re dell’Universo comincia qui e ora. Preghiamo!

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