Per avere una piccola idea della gravissima apostasia ormai avvenuta di Papa Francesco nella Dottrina della Chiesa, occorre ascoltare le ultime desolanti costatazioni rilevate, ancora un’ennesima volta, dal direttore dell’Osservatorio della Dottrina Sociale, Stefano Fontana. Sul tema ormai solito del “Collasso della teologia morale” della Chiesa rispetto al “diritto naturale” e alla sua sciagurata ormai concezione anti-cristiana. Perfino Papa conciliare, san Paolo VI, ne aveva già parlato nella sua provvidenziale e mai veramente accettata enciclica “Humanae vitae” (l’ultima del ‘68!). All’oggi, dopo più di undici anni dell’attuale Pontificato, non si può più ragionevolmente accettare che le continue e innumerevoli esternazioni “occasionali” (quasi però settimanali!) possano ancora essere generosamente catalogate tra le affermazioni eretiche sue personali, non infallibili. Ma con ostinate, consapevoli e pervicaci eterodossie, pretesamente “salvifiche”…

La degradazione modernista era iniziata già con l’”infiltrazione-rincorsa progressiva”, da mezzo millennio nel Cattolicesimo, da parte della filosofia immanentista con cui l’Essere veniva sostituito dal pensiero antropocentrico, pure ateo. Quello di Cartesio, ma non solo
Il cosiddetto superamento della teologia Scolastica (divenuta Dottrina), di cui il tomismo è sempre considerato il supremo e veritativo vertice, è suggellato dai primi due scismi: il luterano e l’anglicano. Essi hanno installato di fatto l’eresia del modernismo. Vale a dire della “ sintesi di tutte le eresie”, secondo l’ormai famosa definizione di Papa san Pio X, all’inizio del secolo scorso. Col Pontificato di Papa Francesco, sembra che si sia giunti all’inizio della fase finale di quello che è stata considerata la nuova strategia scismatica del protestantesimo moderno. Da realizzarsi all’interno del Cattolicesimo stesso. Evitando così altre rotture (ad oggi più di duemila!) dopo la prima luterana del 1517. Da quando è stato fatto infine giungere al soglio pontificio l’attuale Papa, il sangallista e sostenitore eminente della condannata cosiddetta “teologia della liberazione”, il quale non fa altro che affermare, con discorsi e innumerevoli atti pontificali maleficamente rivoluzionari, innumerevoli volte col metodo del“costruttivismo” proprio della radicalissima errata filosofia moderna, principi anti-cattolici nella non più nuova Dottrina modernista. Protestantizzante e immanentista sempre sostenuta, soprattutto con la sua personale concezione del potere. Che tutti coloro che lo conoscevano come già cardinale in Argentina, stimano, in apparenza volgarmente, come “peronista”. E non vocazionalmente in modo divino… Il suo rapporto con la “volontà di potenza” non può così situarsi che nella dimensione immanente e primaria, del fatale e inevitabile totalitarismo incoffessato e incoffessabile. È per questo che il suo sempre deridente anti-teologismo e extra-dottrinarismo ostentato prevarica e cavalca (con apparente bonarietà) ogni sua decisione ecclesiale. Solo suo freno è l’evidenza materiale oppositiva e appena “sostenibile” nella realtà, all’interno delle sue possibilità realistiche e sempre contingenti. Non a caso la sua attività più impegnativa è quella di fare in modo che le sue ormai innumerate nomine a nuovi vescovi, cardinali e incarichi cruciali non possano sopportare veramente alcuna orizzontalità vivificante: né conoscitiva, né interlocutoria e, soprattutto, non comunitaria… La verticalità peronista del suo potere non ammetterebbe nessuna grandezza correlativa ad un men che meno rapporto vincolante, anche se relativo: divide et impera! Mai far troppo conoscere e frequentare fra loro i propri subordinati. Meglio, molto meglio, tenerli opportunamente separati e organizzarli in molto sonanti assemblee cosiddette “sinodali” e associative però ben dirigiste, piuttosto che promuovere collegialità costantemente da ritenersi imperativamente “inutili”. È scontata dunque la sua adesione agli attuali organismi totalitari che vanno dall’unione Europea, all’Onu o a Davos, o viceversa… Si possono quindi dedurre la sua impermeabilità, a livello anche conoscitivo o riconoscitivo, alla “norma morale – come sottolinena il Fontana – che determina l’azione…”.
Gli  accoliti ecclesiatici, espressamente nominati e ormai largamente maggioritari, ne sono i più ferventi sostenitori: essi assicurano il futuro della Chiesa cattolico-protestantizzante. A espressione massima della futura “religione civile mondialista”. In un’epoca in cui la frequenza alla Santa Messa e ai Sacramenti sono registrati ahimé a percentuali da prefisso telefonico, dall’entità quantitativa non molto lontana nel tempo. La filosofia immanentista di Cartesio, sostitutiva dell’Essere con il pensiero sempre soggettivamente personale, è giunta così al suo compimento orrificante.

La centralità della deriva modernista consiste – cosa non nuova da Adamo ed Eva di fronte all’albero della conoscenza – nella fedifraga concezione dell’uomo già “borghese”. Posto a rinunciare alla verità della stessa Creazione: come inabile a opporsi al Peccato originale
Anche qui, nulla di nuovo che pure il Vecchio Testamento non ci abbia già raccontato e Rivelato.
La rincorsa che questa antica superbia persegue correndo dietro al modernismo mondano, stigmatizzato già da Gesù e poi dai suoi Apostoli, non è altro che il contrasto contro l’ideologia che permea ora totalmente le nostre società – che siano esse di sinistra o quasi altrettanto di destra! – nella loro apparentemente inarrestabile secolarizzazione. I Cattolici della tradizione rilevano spesso e continuamente l’assenza totale nelle omelie e nei discorsi “programmatici”, da parte del proporzionalmente vasto ed erroneo clero modernista, delle tre parole: “Dio, Trinità e Vérità”. Inutile o quasi cercarle. Esse sono troppo sostituite da termini come “bontà, umanesimo, accoglienza, democrazia, guerre, povertà, emigrati…”. Le stesse parole dei molti nuovi detti “profeti” della storia – però concepita come peccaminosamente storicista – occupano materialisticamente e materialmente la totalità anche del nuovo discorso anti-metafisico. Il nostro direttore Fontana osserva acutamente a proposito, “Questo rovesciamento di prospettiva colloca la morale nella storia e rifiuta il riferimento ad un piano naturale della norma morale”. Proprio lo stesso e medesimo concetto eretico originario, sempre affermato dalla lunghissima lista di teologici che, anche e soprattutto dopo san Pio X (come gli attuali annientatori della Chiesa cattolica tipizzati da un gesuita di stazza, Karl Rahner, dal molto osannato perfino san Paolo VI). Oppure dai sempre protestantizzanti membri dell’auto-definita “Mafia di San Gallo”, cui apparteneva a pieno titolo Papa Francesco. Il fondamento del soggettivismo religioso relativista era così ribadito fino alla nausea puzzolente attuale, forse non ancora giunta al suo livello di insopportabilità generale. Fontana ne fa notare anche le implicazioni politiche di cui Papa Ratzinger ne aveva evidenziato l’orrore con in suoi ora… dimenticati “Principi non negoziabili”! Così tutta la politica mondiale e mondialista continua imperterrita nella sua cecità totale, attuata dalle ideologie sempre sinistrose e immanentiste, mondialiste anche nelle opzioni dette “di destra”. Parimenti e quasi disastrose quanto le apparenti antitetiche oltre che materialiste anti-metafisiche di sinistra. Per cui “tutto il processo e le situazioni di vita – segnala sempre implacabile il grande e illuminato Fontana –, tutto il processo e le situazioni di vita del soggetto costituiscono il punto di partenza per il giudizio morale…” non solo politico.

Tutti i movimenti cattolici laicali che hanno accelerato la loro sottomissione, in nome di una inesistente e mitica obbedienza alla Tradizione, non si rendono conto della loro eresia almeno complice dell’attuale scisma interno al Cattolicesimo. Provvisorio per Grazia! Negli ultimi anni si è  verificato un fenomeno fondato, oltreché sulla evidente malafede (crollo della vera Fede), sulla storica ignoranza teologica e pure filosofico-cattolica. Secondo cui l’Autorità suprema del Papa non scaturirebbe da altro che dalla sua intrinseca “divinità”. E non dalla sua cosciente sottomissione autentica e divinamente incrollabile (anche sotto la minaccia della morte!) alla Dottrina, alla difesa del “Deposito della stessa Fede”: generata dalla Rivelazione e dal Magistero del Cattolicesimo ecclesiale, anche convalidato!
Il famoso “Non possumus” papale non è opzionale e soggettivisticamente dipendente dallo stesso relativismo opinionistico in voga! Tutta l’enfasi della cosiddetta “esperienza religiosa”, ovvero non ontologica (compresa quella giussaniana, però originale e personale). Soprattutto quella derivata dal suo insegnamento sghembo sempre tedenzialmente ambiguo… Pratica ecclesiale, contro cui Giussani era famoso per le sue omeriche collere! Tutta l’ideologia del “personalismo “, già dagli anni trenta del secolo scorso (naturalmente francese e con lontane ma indubitabili radici antropocentriche illuministe), tende già dalla base, alla rovina del volontarismo “ontologico divino” dei movimenti ecclesiali laicali. Degli ultimi almeno settant’anni! Il ritorno provvidenziale attuale, per esempio, allo studio applicativo autentico dell’originale insegnamento di don Giussani, all’interno del movimento di Comunione e Liberazione, può essere ancora totalmente mistificato – per una terza grande occasione – dopo quelle del ’68 e dopo la morte del suo religioso fondatore, con l’avvento dello psicologismo oratoriano da GIAC di Carron,nel papalismo più e mai così pedissequo, oltre che forsennato!
In effetti la dinamica interna, già evidenziata anche nell’ultimo Meeting di Rimini del 2024 coniugata a quella “esterna” della “tutela coatta” e precettata del movimento, da parte del Papa e della curia, ha già mostrato i limiti paurosi sul piano del rigore dogmatico e autenticamente religioso. In una epoca in cui quasi tutto il clero è soggiogato alla dittatura del relativismo mondano e mondialista. Come pensare di nascondere o rimuovere l’antagonismo evidente e ormai palese, da parte di Comunione eLiberazione, tra un grande ritorno alla sua originale religiosità intelligente e la fedeltà acritica ad un Pontificato cui manca solo la condanna formale della Chiesa cattolica di semplice eresia ostinata e caparbia!
La centralità dei movimenti ecclesiali di laici assume così un’importanza certamente storica e maggiore per il Cattolicesimo. I protagonisti degli attuali movimenti ecclesiali devono assolutamente rendersene conto.
Anche per questo, preghiamo!

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