Ogni cattolico, credo, ha il dovere di essere – se necessario – più papista del Papa, vale a dire impegnato nelle santità, la semplice santità intelligente e critica. È quello che praticava san Paolo: anche dolorosamente allorquando ha dovuto – per esempio – riprendere pubblicamente san Pietro al quale Cristo stesso aveva consegnato le chiavi della Sua Chiesa. Lui invece, Paolo di Tarso, era pur sempre il fariseo che aveva perseguitato ferocemente i cristiani e non faceva nemmeno parte dei primi apostoli!
San Pietro, da vero grande cristiano, si era sottomesso umilmente alle critiche giuste ed evangeliche che gli aveva indirizzato l’illuminato convertito sulla via di Damasco.
In sovrappiù, io non sono un profeta, né un futuro piccolo dottorino teologico (nemmeno per sogno) come invece credo lo sia Antonio Socci, classificato spesso superficialmente come un ”inutile rompiballe” in relazione al Papa.
Ho 73 anni e, ormai, lo so da molto tempo: anche per mancanza d’intelligenza ecclesiale acuta, e pure per il fatto di essere privo di carisma particolare oltre che vocazionale sul piano personale, non ho alcuna funzione all’interno della storia della Chiesa. Ho solo, come sempre ognuno, una vocazione puramente testimoniale, personale.
Ma in rapporto alla mia coscienza, cerco di essere responsabilmente coerente ed inflessibile nella mia minuscola esistenza di piccolo imprenditore in Belgio: ciò mi fa spesso preoccupare per il mio peccato di superbia. E questo, ben sapendo che posso sbagliarmi continuamente. Così non potrei essere più papista e universale che quando mi lascio andare alla critica in relazione a tutte le attuali manifestazioni eterodosse che il nostro tempo secolarizzato mi fa vedere. La passione unitaria e in rapporto alla verità mi obbliga così ad intensificare la mia preghiera. Sono anche diventato un adoratore dell’Eucaristia per cercare d’incatenarmi alla roccia più certificata della fede cattolica: la contemplazione adorante della presenza di Gesù nell’ostia consacrata… Forse il Mistero più “astratto” e globale: apparentemente il più “spiritualista” e lontano dall’immanenza tipica del modernismo della nostra epoca.
Mi sono anche fissato – se così si può dire – uno slogan personale, “Quaerere Deum”: cercare Dio attivamente, in quanto la presenza dell’Assoluto non mi appare sempre con evidenza. Meno male che sono nato a Lanciano, la città degli Abruzzi dove si è svolto il primo miracolo eucaristico della storia (nell’anno 700): mia zia e mia madre mi ci portavano a volte in visita all’avvenimento quando ero un bambino, in una chiesa a fianco della cattedrale. Ne ero molto impressionato e la cosa mi è rimasta in memoria permanente… Paradossalmente, l’Adorazione del Santissimo Sacramento costituisce la meditazione contemplativa e pregante più potente per l’azione sociale e politica. La più efficace molla alla pratica attiva della Carità, la cui attività politica è definita e citata dai papi Paolo VI, Giovanni Paolo II e Benedetto XVI come la carità suprema.
Ho scoperto su Internet un vero e mondialmente diffuso movimento di adoratori eucaristici stranamente piuttosto “nascosti”. Dal Messico passando per il Monte Sant’Odile in Francia, qui nel laicista Belgio fino in Italia. A Pietrarubbia e San Marino ho preso contatto permanente, da Bruxelles dove vivo in famiglia da parecchi decenni, con un convento femminile (ma anche maschile di monaci) di suore adoratrici in clausura che si sono così costituite da una decina di anni (Adoratrici Perpetue) http://www.adoratrici.it/ Esse sono tradizionalmente chiuse nella loro vita monastica ma pure singolarmente praticanti la missione aperta nel nostro mondo secolarizzato: per ripredere così la missione attiva, oggi piuttosto dimenticata, di una certa Chiesa…
E più si è adoratori tanto più si diventa ciò che viene chiamato in modo spesso dispregiativo “integrista” (dunque missionario). Sottointendendo così attività piuttosto acefale nell’immanenza fatalmente dannata di questo mondo materialista e positivista. Invece, è per l’appunto l’Incarnazione del Cristianesimo, di cui il centro è costituito da Sacrificio, Presenza e Comunione del nucleo centrale della Messa, a produrre la globalità e la santificazione vitale di tutta l’esistenza, compresa soprattutto quella pubblica e politica.
Siccome noi viviamo una epoca in cui la Chiesa cattolica si è generalmente ritirata verso uno spiritualismo astratto e ha alquanto abbandonato la sua esplicita identità salvatrice, necessariamente pubblica, alla dominazione esclusiva del laicismo proprio al pensiero unico transumanistico, è inevitabile lo sviluppo della critica a questa rinuncia radicale. È l’amore della Verità eterna e salvifica del Cristianesimo ad alimentare le critiche inevitabilmente di fondo ai cristiani tiepidi e pusillanimi. E nei confronti della politica del pontificato attuale che corre ambiguamente dietro alle masse popolari che hanno abbandonato irreligiosamente la fede e la Verità della Liturgia evangelica. Da cui il dovere della critica per queste pratiche, diventate effettivamente eretiche, o in ogni caso verso le direzioni e intenzioni degradanti. Queste critiche sono diventate tanto più necessarie se si pensa al livello di disumanizzazione dove sono giunte le leggi nichiliste, dunque votate da masse abbrutite e incoscienti della nostra epoca.
I pastori del popolo di Dio dovrebbero temere come la peste l’atteggiamento acritico a cui sono arrivate la maggior parte delle popolazioni che sono giunte pure allo stadio di reclamare attivamente falsi miti scervellati di sedicenti nuovi diritti “democratici”. Invece, non è raro trovare cattolici giustamente critici rispetto a queste tendenze generali e dementi. E in rapporto allo stesso clero secondo cui bisogna inseguire le culture e le legislazioni (!) del nichilismo secolarizzato per ”attualizzarsi” in quello che si è soliti chiamare la “Nuova Chiesa”.
Difendere pubblicamente l’identità cattolica significa dunque permettere, umilmente, alla salvezza cristiana di operare realmente nel mondo. Un cattolico non critico non ne è uno veramente compiuto e completo!
Ma la salvezza cristiana non piò essere in antagonismo con quella générata dal Papa che è il Vicario di Cristo sulla Terra. Sì, ma a condizione che questo stesso papa sia nell’ordine petrino che gli assegna la Tradizione e il Magistero. Potrebbe essere che – come è già successo molte volte nella storia – a salvare il Vangelo sia esclusivamente il popolo di Dio, o una parte di esso, ispirato dallo Spirito Santo. E non dalla direzione del clero, o di un certo clero. È del 15 giugno un articolo, come sempre molto colto e acuto, di un altro “papista”, Robi Ronza che, in nome della sua ben conosciuta ortodossia cattolica, giudica in modo anche abbastanza benevolo – come generalmente è “costume” – le improvvisate eterodosse e praticamente ignoranti del Papa (le sue clamorose falsificazioni anche della storia sarebbero “dettagli” di cui il Papa non si preoccupa, nell’economia generale della sua pastorale)…
Peraltro, non mancano molti esempi di tradimento nella storia ecclesiale: dall’arianesimo contro cui sant’Attanasio non ha avuto la possibilità di vederne proclamata l’eresia (la quale è arrivata non prima di un centinaio di anni), al periodo avignonese fino al clero molto dissoluto del Rinascimento…
E oggi? La deriva è molto grave! Dal livello teologico (spiritualista cattoprotestante e pseudo ecumenista) al livello di protestantizzazione del cattolicesimo che è molto avanzato (nei paesi del nord Europa, ma anche ormai del sud (!) e a quelli americani sia dell’emisfero settentrionale che meridionale).
È felicemente che esiste un cattolicesimo militante e pregante, molto evangelico e teleologicamente papista, che non esita a criticare apertamente le deviazioni nella conduzione ahimé attualmente onusiana e spesso molto banalizzata anche in modo a volte blasfemo della Chiesa.
È ciò che faceva del resto Gesù – che mi si perdoni il confronto ardito sebbene di sequela! – contro i farisei e i pubblicani, anche nel Tempio.
Laisser un commentaire