Nel suo articolo pubblicato il 9 giugno scorso ne Il Sussidiario, il professore di statistica Giorgio Vittadini si abbandona a un piccolo gioco immaginativo per mostrare l’inanità e la parzialità delle cifre che l’Europa stigmatizza contro l’Italia (ma anche a riguardo di altri paesi!) rispetto al suo stato di salute in rapporto alle regole di funzionamento economico dell’UE. La legittimità di questa iperbole, piuttosto ludica e paradossale, appare subito “fondata” quando egli mostra i criteri con i quali si valuta lo stato di benessere di un paese secondo i codici europei. Oppure, invece, in relazione a quelli utilizzati dalle Nazioni Unite con la loro regola detta Isu (Indice di sviluppo umano). Anch’io mi son fatto prendere dal piccolo gioco e ho immaginato una… analoga valutazione relativa all’impero bizantino alla vigilia del suo crollo e della sua totale dissoluzione, otto secoli fa.
Tutte le tesi difese da Vittadini, tutte, potrebbero essere applicate relativamente a Bisanzio. I suoi criteri detti “qualitativi”, e non solamente economici (attualmente europei), potrebbero validamente descrivere lo stato sofisticato, di debole salute mortalmente malata, dell’impero bizantino che stava disfacendosi rapidemente in deliquescenza (in meno di venti anni!) a causa della decadenza avanzata delle sua sedicente qualità. I famosi e emblematici gratin al forno di lingue di pappagallo – miticamente, si dice, molto alla moda alla fine di questo doppio impero dissoluto – potrebbero solo simboleggiare la catastrofe allora imminente del fallimento già implacabilmente annunciato nei fatti.
Una civiltà come la nostra, detta occidentale, dove ai giovani sono resi possibili solo una metà di posti di lavoro (pure precarizzati) che a loro sarebbero necessari, con anche – per fare solo un altro esempio – una ecatombe di assassinii banalizzati e legalizzati (gli aborti!), si situa però agli antipodi dei criteri presentati dal nostro professore come “qualitativi”!
Il Tutto va bene Madame la Marchesa attribuito implicitamente da Vittadini all’attuale maggioranza dei paesi del nostro Vecchio Continente in pieno declino e senza la minima idea strategica della sua esistenza futura, rassomiglia come una fotocopia alla corte bizantina verso gli anni 1200.
“Cosa succederebbe – continua tranquillamente il nostro leader educatore del movimento di CL – se al posto dell’equilibrio di bilancio, noi fossimo giudicati sulla qualità della vita? Probabilmente, non si valuterebbero più la formazione e l’istruzione come una spesa, ma come un investimento…”.
Ecco il ”sogno” mistificato del nostro professore e pedagogo: è da notare, en passant, la sua preoccupazione di mettere ben in vista sul banchetto della produzione economica la propria professione d’insegnante (e di dirigente ecclesiale).
Ma per poter fare veramente “investimenti” (quand’anche li si considerasse nella fattispecie necessari e sacri), bisogna disporre di reali conquibus, di denaro ben messo da parte! Così, il suo “sogno” si evapora allorquando si prendono in esame i calcoli concreti di circa 80-90 miliardi di euro (di cui nessuno parla!) che si devono pagare già solo come interessi annuali (!) sul debito accumulato in una quarantina d’anni. E questo, allo scopo teorico di produrre siffatta qualità tanto vantata: cioè più di una trentina di volte l’importo che si è potuto dedicare all’occupazione dei giovani (per non parlare della disoccupazione generale, realmente a ben più del 12%). Evidentemente, non parlo solo di quantità in euro: la visione cristiana non è divisibile a piacimento tra quella cosiddetta spiritualista et l’altra materialista. Si deve sognare solo con la speranza della fede ma con gli occhi ben aperti alla realtà.
E non bisogna essere professori di università in statistica per sapere che, se non si dispone di un porcellino ben pieno di risparmi, ahimé niente investimenti! Soprattutto se è naturalmente imperativo pagare e ridurre questi debiti, come è ripetuto anche dalla “burocratica” Europa, oltre che dal semplice buon senso. Debito cumulato in modo scervellato e di cui – per consuetudine al misfatto – non si riesce più a frenarne nemmeno l’aumento.
Il “sogno” del nostro statistico progressista, molto progressista nel senso politicistico e sinistrista del termine, non è altro che una piccola parcella della altre numerose illusioni nelle quali egli si compiace, ormai continuamente. Per esempio, l’anno scorso (a metà marzo 2016, in un articolo sullo stesso quotidiano online), aveva già tirato fuori un’altra perla dal cilindro dei suoi “sogni”: aveva calcolato – con una precisione prorpia della sua specializzazione statistica (tecnicamente è molto bravo) – che in Italia ci sono non meno di 750.000 statali eccedentari. Calcolo esatto che non faceva che confermare (senza dirlo, del resto) la stessa cifra annunciata l’anno prima in una trasmissione in prime time (!) alla televisione nazionale dall’esperto americano Luttwak. Ma Vittadini aveva immediatamente affermato, non più lontano della riga seguente al calcolo della sua grande inchiesta (rassicurando subito i suoi colleghi statali), che non si trattava di “licenziare gli eccedentari”, pagati inutilmente dall’eterno contribuente (in sovrappiù da decenni). Una professione dunque, la sua, sempre da “sogno”, con ancora in più l’aggravante dell’insegnamento: costatare e certificare verità per poi negarne esplicitamente le logiche conseguenze: altrimenti, perché fare statistiche, certamente non gratuite? Non infierirò ulteriormente.
Ma è al corrente e insegna forse veramente, il nostro professorone cattolico e educatore globale, che l’Italia – come pure gli altri paesi europei – vive al di sopra dei propri mezzi, alle spese piuttosto future delle generazioni seguenti e nell’immoralità edonistica oltre che scellerata, da due generazioni, fra cui la sua? Non ne ha vergogna personalmente, almeno per l’oggettiva appartenenza?
Il principio di realtà, vale a dire la costatazione fattuale del reale alla base anche della scienza statistica, è intrinsecamente saldato, ben unito, alla morale naturale prima ancora, almeno cronologicamente, che a quella cristiana. L’andazzo del Vittadini, passando dal “sogno” supposto come ipotesi ludica alle conclusioni pratiche, è di affermare non solamente che “il reale è razionale” (!) – con e secondo l’idealista totalitario Hegel – ma anche che è… bello. Falsificando così pure il concetto religioso di Bellezza.
Dovrebbe cercare di andarlo a spiegare alla gente delle periferie di cui parla Papa Francesco. E non solo agli altri generalmente abbrutiti dal pensiero unico. Questi sono disposti, come ormai abitualmente, a ingoiare tutto a condizione che li si faccia “sognare” nel loro cervello piuttosto acefalo o atrofizzato, e soprattutto malato di piatti gastronomici di possibili lingue di pappagallo. Meglio se rarissimi e ben gratinati, o al solito ragù ideologicamente dittatoriale e postmoderno.
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