In questo ultimo mezzo secolo, la Chiesa cattolica sta conoscendo una delle più gravi e involutive crisi dottrinali della sua storia. Tutto era cominciato – si potrebbe dire – con le critiche di opposizione radicale all’enciclica di Paolo VI nel 1968, l’Humanae vitae. Ma la crisi covava da almeno il secolo illuminista e della rivoluzione francese: una vera ribellione aperta ai principi della grande Tradizione da parte, progressivamente, di una molto larga parte del clero impegnato e dei movimenti cattolici. E questo, mentre il processo di secolarizzazione continua ad esplodere conquistando la maggioranza delle masse popolari del mondo intero economicamente avanzato. Soprattutto con la pillola contraccettiva e il divorzio (come preludi all’aborto e alle attuali leggi scervellate LGBT). Sono stati necessari due grandi pontificati, quello del gigante san Giovanni Paolo II e del molto rigoroso teologo Papa (e pastore) attualmente Emerito, per riportare (apparentemente e provvisoriamente) il popolo di Dio sulla diritta via. È stata infatti sufficiente l’elezione al trono petrino di Papa Francesco per far quasi tutto tornare sulla via dell’eresia del modernismo, dello spiritualismo disincarnato e dell’intimismo.
Molti cattolici mettono in mostra ora il monito dell’unità della Chiesa di fronte alle innumerevoli critiche, anche radicalissime, a riguardo della condotta generale del popolo di Dio.
Nel Vangelo si trova la soluzione a questa vera e propria divisione nella Chiesa dei nostri giorni.
Ma nel passaggio del capitolo 18(13, 17) di Matteo, al posto delle tre fasi di cui si parla spesso, se ne leggono quattro che riporto integralmente (non più di tre-quattro righe in totale): “ Se tuo fratello ha peccato, va a trovarlo e riprendilo, faccia a faccia. Se ti ascolta, avrai guadagnato tuo fratello. Se non ti ascolta, prendi con te uno o altri allo scopo che la cosa sia decisa sulla parola di due o tre testimoni. In caso di rifiuto di ascoltare, coinvolgine la comunità. E se rifiuta di ascoltare anche la comunità, che sia considerato per te come il pagano e il pubblicano”.
Al posto di riprendere per intero tutte queste quattro tappe evangeliche successive, cattolici preoccupati di lavare i panni sporchi solo in famiglia, parlano esclusivamente delle tre prime. Prendendo in esame quindi solo la possibilità del “fratello” che si lascia convincere del suo errore, sebbene alla terza tappa del confronto, con la comunità, l’insieme degli altri cristiani. La preoccupazione di questi cattolici è naturalmente di salvaguardare sempre l’unità comunitaria ed ecclesiologica propria dell’appartenenza allo stesso battesimo. E per evitare così lo scandalo di posizioni diverse nel seno della Chiesa: preoccupazione molto lodevole e necessaria! Tuttavia essi spesso non citano nemmeno l’esistenza di questa quarta tappa evangelica, quella del riconoscimento di una posizione extra-cristiana, per paura dello stesso scandalo ma anche in forma e proporzioni più gravi…
Il cristianesimo prevede, indispensabilmente e pure fin dall’inizio, la libertà per ogni uomo di aderire a tutt’altro valore. Dio non sa cosa farsene di fedeli che non siano liberi o che non si pongano di diventarlo. Dunque il Vangelo parla – lo si è visto – di questa quarta tappa nella quale il cristiano deve comunque pervenire a formulare, come sempre e in ogni occasione, il suo giudizio prudente ma sistematicamente chiaro su ogni contenuto e scelta morale. E questo separando, beninteso, il giudizio sui fatti, il contenuto, in rapporto a quello del contenitore, vale dire la persona: è esclusivamente a Dio che è naturalmente riservato il giudizio finale e essenziale sulle persone inevitabilmente peccatrici!
Sull’errore invece, gli uomini devono sempre decidere e precisamente. Possono saggiamente riportare la questione e nel frattempo pregare, anche insieme, allo scopo di chiedere di essere illuminati dallo Spirito Santo. In effetti, non ci sarebbe cristianesimo senza questo giudizio e senza questa libertà irriducibile. La stessa unità autentica comunitaria si fonda sempre sulla possibilità – anche se remota – di fraternamente… separarsi. Quantomeno provvisoriamente.
La quarta tappa è così quella dove il cristiano deve arrivare a giudicare ciò che è e che non è nel cristianesimo. Il suo verdetto è anche un dovere. E molto spesso pure un dovere pubblico tanto quanto l’errore. Che questo si sia manifestato pubblicamente oppure comunque conosciuto, bisogna considerare che questo obbligo è necessario, non fosse che per missione e testimonianza!
Bisogna pure considerare che l’esempio presentato nel Vangelo riguarda solo la persona e la sua colpa individuale. In realtà il problema posto generalmente nei nostri giorni è costituito piuttosto dalle numerose eterodossie pubbliche comunicate e impartite spesso come direttive pastorali. Ragione di più per non essere scandalizzati di giungere spesso alla disputa relativa alla quarta tappa.
Conosco un prete che ha scritto per tredici volte al presidente di Comunione e Liberazione lettere molto rispettose, anche nella forma, riguardanti contestazioni della nuova linea ecclesiologica adottata, senza ricevere alcuna risposta. E questo prete ha vissuto in CL per una sessantina d‘anni! Papa Francesco stesso ha ricevuto sotto forma di una molto leggera protesta, i Dubia da parte di quattro cardinali (!), sulle sue direttive riguardanti il ri-sposalizio dei divorziati: la linea di non rispondere viene affermata ad ogni grado, fino ai laici che si rivolgono ai loro pastori senza troppa speranza di risposte, né dirette né indirette. Questo Papa, con il suo clero che egli si premura di sostituire fisicamente secondo le sue personalissime idee piuttosto eterodosse, in modo intermittente e conforme alla sua sedicente “Riforma di Nuova Chiesa”, con il falso andazzo da buon curato di campagna, sta sconvolgendo i sacri principi “non negoziabili” ed eterni della Chiesa. L’ultimo suo screditamento, ben calcolato, è stato l’attacco appena velato al molto disarmato e silenzioso Papa Emerito che ha osato scrivere una prefazione a un libro del grande cardinal Sarah, a proposito della liturgia. Il vecchio Papa, diventato passivo e sempre impeccabile, aveva già pubblicato un volume magistrale liturgico di più di 800 pagine appena dieci anni fa…
In realtà non è possibile ai nostri giorni essere critici, condizione indispensabile per definire un buon cattolico, in una Chiesa che è governata da un sudamericano convinto, imbevuto non molto marginalmente di teologia della rivoluzione che già san Giovanni Paolo II aveva completamente sconfitto quasi quarant’anni fa! E non è possibile neanche essere tranquillamente un cristiano cristocentrico mentre la linea pontificale è piuttosto relativista, casuisista e onusiana con tendenze pseudo-ecumeniste!
La prassi tendente all’unità centralizzata della cattolicità – unica tra le confessioni e le religioni – gioca oggi un ruolo paradossalmente negativo e centrifugo. Se vi si aggiunge che questo Papa è anche un gesuita detto postmodernista legato al potere sedicente progressista (per esempio al felicemente battuto Obama e all’organizzatrice di aborti Clinton, piuttosto che a favore di Trump che ha eliminato ogni finanziamento alle organizzazioni abortiste e a sua moglie che gli ha chiesto di benedire il suo rosario), si ha un quadro abbastanza vasto dell’inevitabile disastro dell’opposizione dottrinale cattolica ai nosri giorni. Le tappe di conversione dei cristiani, appaiono più a partire dalla quarta tappa che dalla prima, di semplice “ripresa”. Non rimane che pregare!
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