Giorgio Vittadini, uno dei capi storici di Comunione e Liberazione, ha commentato in un articolo de Il Sussidiario nel marzo scorso che, in una inchiesta rigorosa, si son constatati in Italia 750.000 statali eccedentari (da decenni). Egli ha però chiarito subito – come al solito negli ultimi anni in modo statalista! – che non si tratta, conformisticamente, di… licenziarli (vedere www.francamente2.com del 15 marzo 2016). Peraltro, non faceva altro che confermare la stessa pletora clientelare, anche quantitativamente, registrata da una simile ricerca statunitense. Edward Luttwak, economista esperto in cose italiche era stato intervistato a lungo, nel 2015, anche dalla televisione italiana in ora di grande ascolto, mentre riportava in Italia il tragico risultato della ricerca americana. Da due generazioni non si fanno più di 1,3 bambini di media per coppia europea. Ma di insegnanti italiani ce n’è, pure conseguentemente, a bizzeffe. E mai come negli ultimi 40-50 anni, la scuola italiana, soprattutto quella statale va da sé, è stata classificata così mediocremente nelle graduatorie pedagogiche internazionali: nel generale fallimento della cultura tutta nichilista occidentale.
Il famoso “boom economico italiano” aveva le sue buone cause: mio padre, come quasi tutti, faceva altri due lavori oltre a quello di infermiere (era pure timpanista, di sera e fine settimana, nelle orchestre fino in Svizzera). Quanto a me lavoravo come apprendista operaio 44 ore a settimana (si faticava contrattualmente ancora il sabato mattina) e frequentavo a Milano, sempre negli anni ’60, la scuola serale (per periti al Feltrinelli) con altri 70.000 lavoratori-studenti.
Nel frattempo, in Lombardia, si considerava il diventare impiegati statali molto, molto, degradante!
La crisi economica oggi nell’Occidente? Ovvio: non sono nati sul nostro pianeta, nell’ultimo mezzo secolo, almeno 1,5 miliardi di bimbi (tre volte la popolazione europea): quasi tutti rimasti nelle virtuali pance pseudo-edoniste delle loro non-madri o criminalmente abortiti. Per conseguenza, ecco la distruttiva e “invisibile” penuria di domanda interna, per esempio di case, di mobili, di frigoriferi, di servizi… Gli innumerevoli cosiddetti esperti e politicisti al potere (pure all’opposizione) continuano a meravigliarsi da veri lobotomizzati, dopo molti anni, che la ripresa economica annunciata ogni trimestre non succede quasi per niente. Si scambiano ancora piccoli indizi, minimi ricuperi di perdite gigantesche di PIL, per rilanci oggi impossibili dell’economia. Quanto ai corrispettivi e generalmente spregevoli non-padri – quelli delle nostre generazioni, comunque responsabili delle politiche antifamiliari fino al gender! – meglio qui non parlare. L’ho già fatto in molti post e ci ritornerò.
Ero a Norcia, in agosto prima del terremoto, con un centinaio di dissidenti di CL in una vacanza di ricerca e, a tavola, sentivo parlare con molto stupore del concorsone statale per futuri insegnanti (ce n’erano lì parecchi: per me anche proporzionalmente “troppi”, soprattutto che ho incontrato, come purtroppo abitualmente, un solo vero piccolo imprenditore come me: l’organizzatore professionale della vacanza (merce rara)… Su Face Book ho poi seguìto, tra l’altro, giorno dopo giorno le preoccupate considerazioni di almeno due di quei genitori sulle candidature dei loro figli a siffatto concorso per essere ammessi nelle graduatorie di insegnamento: alla loro richiesta pubblica e online (!) di pregare per i loro virgulti (una ragazza e un ragazzo) affinché passassero il sempre più difficile esamone (immagino sempre più arzigogolato per elevare il comprensibile e molto alto livello della scriteriata selezione, visto il dislivello tra i posti cosiddetti disponibili e il numero di candidature) non ho potuto, veramente non ho potuto, aderire. E pertanto la preghiera è anche per me sempre totalmente giustificabile, in sovrappiù nella nostra epoca miscredente. Con mia moglie, faccio il segno di croce anche al ristorante…
Due ordini di ragioni impediscono infatti di poterlo fare: lo statuto attualmente illiberale e irrecisproco degli insegnanti statali in rapporto al privato e la sua dimensione pubblica della preghiera dedicata: si deve anche qui paradossalmente ricordare che non si prega per la riuscita soggettiva e personale in una rapina?
Avevo pubblicato un libro di tre racconti nel 1994, il cui secondo era intitolato “Il quadrettino”. Esso iniziava con la descrizione di un concorso simile svoltosi realmente nella Sardegna dell’epoca: in “palio” c’erano centoventi posti teorici con una partecipazione di più di cinquantamila candidati quasi tutti isolani. Imperava una sproporzione altrettanto o meno divaricata dell’attuale: un dispendio di energie e di costi incredibilmente devastatori per risultati fatalmente deludenti, molto deludenti, sia per il numero abnorme di candidati, che per lo Stato immancabilmente e teleologicamente inadempiente. Conosco ancor più da vicino lo stesso problema per il fatto che le medesime proporzioni e spese si possono constatare nei concorsi qui a Bruxelles per l’UE, o in altri paesi. Questi sono utili solo per le privilegiature della debordante, ottusa e inaccettabile burocrazia, inevitabilmente totalitaria. Una catastrofe innanzitutto culturale, oltreché sociale ed economica: gli inutili e dannosi statali (la sua larga maggioranza) sono, in questo caso, soprattutto quelli europei, passati impunemente anch’essi da 24.000 (non certo scarseggianti) a 56.000 nell’ultima dozzina d’anni. Mentre nel privato si continua a licenziare. In Belgio, si è già giunti ad uno statale per quasi un lavoratore privato.
Il grande problema eterno, e particolarmente contemporaneo, del lavoro è quello della sua reale necessità e indispensabilità. Esso è naturalmente preliminare, anche ontologicamente, ad ogni altra considerazione. Per il “lavoro” offerto dallo Stato non si parla altro che di “posto” (effettivamente privilegiato quando inesistente e puramente corporatista). Riduttivamente, da parte del candidato, si avanzano invece, apparentemente, solo argomenti attinenti alla cosiddetta “vocazione personale”. Alquanto inutile qui epilogare sul discorso che nel privato, sia per le attuali necessità molto diminuite che per il progresso tecnologico, si son già potute e dovute tagliare milioni di posti di lavoro. E questo succederà ancora per alcuni decenni anche dopo che gli scervellati nostri contemporanei non si rimetteranno a fare figli con una media almeno doppia all’attuale. Quanto a detta vocazione personale per cui, soggettivamente, “quanto è bello e incomparabile insegnare!”, bisogna prima rendersi conto che i cosiddetti “posti di lavoro” sono già più che coperti. E soprattutto bisognerebbe da molto tempo che le scuole e le università potessero licenziare affiché i candidati, veramente meritevoli e vocazionalmente qualificati, avessero fondate speranze nel presentare la loro disponibilità e candidatura sul mercato. Come nel privato, del resto. Ci ritornerò presto.
Chiedere pubblicamente online (!) ad altri di pregare per far intervenire i santi e la Vergine Maria allo scopo di modificare o favorire l’esito dei concorsi personali, oltre che apparirmi oggi fuori luogo, mi sembra nella fattispecie molto specificamente cosa irreligiosa. E socialmente impresentabile oltre che culturalmente colpevole rispetto alla società che, reciprocamente, soffre inevitabilmente dei praticamente silenziosi licenziamenti, ancora non veramente compresi razionalmente, già fatti, in corso e futuri. Ve la vedete, la Madre di Dio, in veste di statalistina interventista?
Per chi allora pregare? Per i martiri. Oggi fondamentalmente per i martiri.
E relativamente al concorsone, occorre (molto) pregare per risolvere veramente il problema della masochistica e colpevole scelta di ridurre – da due generazioni! – le nascite nel nostro mondo individualista. Pure irragionevolmente contro le leggi naturali e di Dio.
Mancano ora, per maestri e professori, purtroppo e molto semplicemente, i loro piccoli e meno piccoli “clienti”: il vero tema di fondo creato artificiosamente e per il quale pregare molto!
Gli insegnanti, allora, che introducano un bel bemolle alla loro giustificata fierezza professionale e cominciare a osservare la realtà intorno. E questo pure se quelli migliori incomparabilmente sono i veri cattolici ben preparati. Altrimenti finiscono come quegli scellerati studenti, già perdutamente sindacalizzati e ideologicamente acefali fin da piccoli, che protestano contro il sacrosanto numero chiuso: lo Stato – cioè noi – non può moralmente ed economicamente assumersi, statalisticamente, i costi di lunghe formazioni per decine di migliaia di giovani che hanno il ghiribizzo pseudo-vocazionale di diventare, per esempio, medici, sicuramente futuri disoccupati. È come se i piccoli imprenditori protestassero in piazza per la diminuzione del loro giro di affari o del loro crescente e non rarissimo fallimento: se il mercato non ha bisogno di riparatori ambulanti di pentole bucate (esistevano fino alla fine degli anni ’50, me lo ricordo), inutile insistere a invocare la propria cosiddetta vocazione tappabuchi pure di casseruole. La qual cosa s’ha da fare anche e innanzitutto sul piano pubblico: Face Book, anche se non proprio ufficialmente, ne è uno strumento ormai principe. Tutta la comunicazione Internet è praticamente pubblica. Per cui si abbia il pudore, il ritegno e i freni a portata di mano.
Invece sul piano privato e intimo, anche le novene son legittime. Giusto competere strenuamente – del resto ciò vale per ogni professione – nel mercato: vale a dire per la vocazione appassionata nell’aggiunta di valore al nostro mondo. Si tratta del Creato che continua a realizzarsi.
Ma si è riflettuto, a proposito di vocazioni, sul fatto già assicurato che più di un quarto delle nuove professioni nei prossimi quindici anni oggi non esiste?
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