Non ne perdevo una: tutti i giorni alle 14, per una trentina di minuti, ascoltavo ad ogni costo alla radio nazionale in Italia una “intervista impossibile”, dove grandi scrittori contemporanei interrogavano famosi personaggi della storia. Anche al lavoro, prolungavo la pausa di mezzogiorno: ricuperavo prima oppure la sera. Ho utilizzato lo stesso metodo di scrittura per interrogare virtualmente, une dozzina di anni fa, nel sito web della mia agenzia di comunicazione multilingue (www.eurologos.com), i tre personaggi eterni e protoprofessionali delle attività della mia impresa. Facendoli incontrare, malgrado i millenari che li separavano, su argomenti principalmente imprenditoriali (la redazione traduttiva, la stampa di edizione pubblicitaria e Internet…). Si trattava e si tratta di non meno di tre geni: san Gerolamo, traduttore tra l‘altro immortale della Bibbia, dall’ebraico e dal greco verso il latino volgare (la Vulgata); Johannes Gutenberg, inventore più di mille anni dopo della stampatrice la cui prima opera è stata la riproduzione della stessa Bibbia in tedesco; e Tim Berners-Lee, celebrato come padre di Internet già negli anni ’80-’90 e nobilitato dalla regina britannica.
Quando si vive nell’universo degli spiriti della storia, l’autentica esigenza è sempre di “attualizzarli” allo scopo di situarli – sempre come protagonisti – nei problemi da risolvere nella nostra vita contemporanea. Allo stesso tempo, quante volte si è sentito, negli ultimi anni, la domanda “ cosa avrebbe detto o fatto il grande religioso don Giussani”? I geni, che hanno segnato la loro epoca con il lavoro e i risultati delle loro ricerche alacremente laboriose in grazia di Dio, continuano a vivere all’interno dell’esistenza spirituale di ogni uomo provvisto di altezza vitale intemporale. È in effetti il caso di don Giussani, fondatore di Comunione e Liberazione, movimento cattolico presente ora su tutto il mondo, in via di canonizzazione. La mancanza radicale della sua presenza tra noi, dopo la sua morte nel 2005, nel contesto culturale e spirituale della nostra era così complessa e soggetta ai molteplici attacchi – sempre più devastanti – dei nichilisti relativisti, è percepito senza compensazione. La sua prodigiosa lucidità di sapienza antropologica e teologica, che l’ha portato ad essere giudicato il più grande educatore al mondo del ventesimo secolo, ha condotto due suoi dicepoli a scrivere un libro dove hanno intervistato virtualmente il genio religioso su tutta la panoplia dei nostri problemi più attuali.
Gianfranco Amato e Gabriele Mangiarotti, già suoi fedeli dagli anni ’70, hanno così scritto Per l’umano e per l’eterno (Il dialogo con don Giussani continua, Edizioni Ares, Milano, 2016): un libro di una densità estrema malgrado la sua facilità dialogica strutturata in domande-risposte. Più di 150 questioni sull’uomo e le società dei nostri giorni alla luce della Dottrina teologica e sociale della Chiesa. Ma soprattutto secondo l’immenso carisma di questo grande prete diventato un vero e proprio punto di riferimento ammirato da almeno tre papi: san Paolo VI, san Giovanni Paolo II e Benedetto XVI.
La tela di fondo che si indovina e si può leggere in trasparenza in tutte queste 120 pagine, è l’accusa largamente pubblica, ma espressamente non esplicitata nominalmente in tutto il libro, del vero “tradimento” del suo carisma e della sua linea ecclesiologica adottata di fatto dal suo movimento Comunione e Liberazione dopo la sua morte. Malgrado l’amore per la Verità e il loro parlare franco e evangelico “sì, sì – no, no” dei due autori, tutta la polemica all’interno della Chiesa può solo essere misericordiosamente attutita e spersonalizzata!
Tuttavia le parole utilizzate – sia nelle domande che nelle risposte – non possono essere più chiare, pertinenti e radicali. Tanto più che ogni affermazione è documentata da non meno di 157 note bibliografiche, precise e probanti di argomentazioni, sia sui contenuti che rispetto ai contesti storici. Leggendo tutta l’intervista, coloro che hanno ben conosciuto la voce rauca e l’elocuzione ferma (propre del naturale style giussaniano), oppure che hanno ascoltato le sue numerose registrazioni, avranno avuto l’impressione di sentire anche il suo timbro e la passione ben espressiva della sua fede fornita di una cultura dialettica incomparabile. Il Leitmotiv dell’intervista virtuale è la globalità e la totalità del suo cristianesimo rigorosamente cristocentrico. Il modernismo e lo spiritualismo di una certa Chiesa (tra cui parzialmente l’ultima CL) sono schiantati totalmente. L’idea di cercare consenso facile e superficiale nel nostro mondo è distrutta in ogni paragrafo. Così come quella di coprire tale operazione molto squallida con la sedicente ricerca di una profondità che non sarebbe possibile se manifestata anche pubblicamente. La misericordia di cui papa Francesco ha aperto l’anno santo, particolarmente per don Giussani, si fonda sulla Verità evangelica e sulla distinzione classica tra peccato e peccatore: stroncatura netta per il primo e comprensione paterna del secondo.
Ma soprattutto è la fusione della dimensione profonda e intima con quella solare e pubblica che don Giussani, incomparabile polemista contro ogni tendenza laicista, ha sottolineato con citazioni anche più di cinquant’anni prima. Esse hanno accompagnato le prime lotte di CL nel contesto già molto laicista dell’epoca: me ne ricordo molto bene in quanto era per me la prima manifestazione non sindacale (in fabbrica). Frequentavo la scuola per periti metalmeccanici di sera e tutti parlavano del conflitto diventato anche nazionale detto della “Zanzara”. Era il 1966, e CL era come già d’abitudine in prima linea. Praticamente da sola, in quanto quasi tutte le altre associazioni cattoliche, e non solamente, si erano tutte nascoste nell’ignavia lasciando campo libero ai marxisti e ai relativisti (come maggioritariamente e esageratamente nei nostri giorni). Don Giussani con i suoi giovani militanti aveva sostenuto la lotta radicalmente culturale e religiosa in totale solitudine. Un caso analogo sta svolgendosi attualmente, epperò con una partecipazione massiva impressionante et nuova, con in più la dimensione internazionale a fronte dello scatenamento di tutte le forze nichiliste dette del gender. In supplemento a tutte quelle conquistate alla causa come rassegnate, anche se la loro appartenenza culturale avrebbe in principio dovuto escluderlo. Per sintetizzare, si tratta delle manifestazioni contro i progetti criminali di leggi equiparanti il sedicente matrimonio omosessuale a quello cristiano tra uomo e donna! Ecco, Comunione e Liberazione è riuscita nella performance di dissociarsi da queste due manifestazioni storiche per ragioni che nessuno ha veramente capito. In effetti, i dirigenti del movimento hanno apportato motivazioni clericali e piuttosto fumose riguardanti l’argomento fittivo secondo cui la manifestazione di lotta pubblica si posizionerebbe in opposizione d’esclusività alla profondità della riflessione che il cattolico deve imporsi… Come se ci fosse contraddizione tra le due dimensioni : l’intimo e privato di fronte alla testimonianza pubblica!
Il giudizio di don Giussani è ancora una volta univoco: “Non bisogna aver paura del potere ma della gente che dorme e, perciò, permette al potere di fare di loro quel che vuole”! (alla pagina 105 del libro).
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