Ormai è raro che se ne parli come lo si faceva negli anni ’70-’80.
E pertanto la legge di Peter è sempre valida e di molto larga applicazione. Si potrebbe dire che si è fornita, nel frattempo, di un corollario molto “moderno”: quello ideologico del “nuovismo”. Nell’inseguimento forsennato alle idee sedicenti nuove che rimpiazzano quelle improvvisamente giudicate senza ragione “obsolete e oscurantiste”, tutto ciò che appare inedito e corrispondente ai desideri, assimilitati immediatamente a diritti umani, diventa nel nostro mondo indispensabile e prioritario. E questo in ogni agenda politica. I più vecchi tra noi si ricordano del principio di Peter, Laurence J. Peter autore canadese di un best seller mondiale, diventato rapidamente la sua “legge” manageriale più famosa. Essa affermava: “In una gerarchia, ogni impiegato ha tendenza a elevarsi al suo livello d’incompetenza”.
Oggi la parola “incompetenza” dovrebbe essere piuttosto sostituita da “modernismo”. Vale a dire l’ideologia sedicente rivoluzionaria e valida per il solo fatto che essa si presenta come assolutamente nuova. Dunque “efficace e indispensable”. Tutti i responsabili del potere e dei media – o quasi – sono in esercizio grazie alla previa e totale adesione a questa idea completamente scaturita dal concetto di “moderno”, in verità dal modernismo. Paradossalmente, questa idea assolutamente (non)moderna (da cui il suo terminale in ismo) era già invadente nelle nostre società da non meno di un secolo! Come abitualmente, questa vera e propria ideologia già passata alla storia come acefala si proclama d’office, almeno per i più critici, anticristiana. In sovrappiù, il conformismo praticamente di tutti i grandi media, degli organismi politici e istituzionali, è quello per cui non si può iniziare una qualsiasi carriera se non pronti, fin dall’inizio, a farsi selezionare sulla base di questa “legge culturale non solo canadese” ben ideologica. E aggiornata secondo i criteri dominanti acriticamente, definiti in appartenenza al “pensiero unico” contemporaneo. In effetti, tutto ciò che allontana dal destino vocazionale e personale – che si tratti del processo tendente a portare all’incompetenza professionale o al nuovismo modernista – parte dalla stessa radice che allontana dall’ontologia, dal mistero della vita e da Dio.
Ci si ricorderà che questa legge descriveva minuziosamente il processo attaverso il quale, generalmente e strutturalmente, “tutti i posti finiscono per essere occupati da incompetenti”.
Nei nostri giorni, questa selezione negativa, più che sulla competenza specifica, si realizza sull’adesione all’ideologia relativista e, infine, nichilista nella sua superficialità materialista: bisogna cambiare tutto, va da sé, affermano tutti questi modernisti con un entusiasmo arbitrario e malsano, da a a zeta. Così, piuttosto che riconoscee e conservare preziosamente ciò che c’è di razionale nella civiltà, si corre appresso ai “razionalismi”, certamente non razionali e apparentemente “pratici”. E evidentemente, si persegue la reificazione e la semplificazione della realtà. Per raggiungere lo scopo, bisogna infatti ridurre sistematicamente tutto. Così, alla complessità si sostituisce il semplicismo. Alla profondità, l’apparenza e il più falsamente immediato. La cosificazione del reale, già concretamente attuata sotto l’ideologia del marxismo fino alla autoconfessione planetaria de suo fallimento nel 1989, oggi si concretizza sempre con il riduzionismo, l’eresia positivista più diffusa e coltivata del nostro tempo. Questa visione del mondo proprio alla secolarizzazione dell’Occidente da almeno la rivoluzione francese, comincia dalla scuola (in tutta Europa). Ed ora anche dalle elementari dove i bambini sono sotto la minaccia e l’azione degenerativa, o distruttiva, delle ideologie gender che gli attivisti LGBT diffondono anche illegalmente.
La mentalità più diffusa è data per scontata ed è antimetafisica e antireligiosa.
Essa è soggetta ad essere ridicolizzata in modo sistematico come se si trattasse di sciocchezze, dette anche impropriamente “medievali”. L’ignoranza arrogante intorno alle cose della religione e della teologia è pure sbandierata fieramente come se si trattasse di prendersi gioco di residui fumosi di cui il sorriso condiscendente sarebbe da considerare una cortesia squisita. Così l’eresia culturale e il negazionismo del trascendente sono dati per acquisiti. E ipotecano ogni contenuto della comunicazione o del dialogo. Ciò si realizza, da parte di tutti questi attori attivisti con i loro stereotipi abbrutenti, nella negazione ottusa e pregiudiziale perfino dell’ascolto. Essi sono letali soprattutto nella vera comprensione delle posizioni contrarie al conformismo ambiente. Il problema che quindi si pone, in fondo, è quello della barbarie a-dialogica nella quale questi veri e propri totalitari pensano e agiscono in modo devastante, spesso senza nemmeno saperlo, in rapporto ai valori e alle pietre angolari della civiltà occidentale. In tal modo la legge di Peter costituisce la misura di una perdita più o meno totale della coscienza e della razionalità. Essa confluisce in una confusione mentale anche grave dove lo psicologismo soggettivista diventa fatalmente il re.
In più questi militanti nichilisti sono convinti di essere gli eroi del sedicente progressismo umano.
Tutto questo attivismo divenuto furibondo, in quanto sprovvisto di vera comprensione globale dei termini del problema in gioco, si situa in una falsificazione totale dei dati di verità e di democrazia, al punto che non sono garantiti nemmeno i presupposti liberali e minimali del confronto interlocutore. Con questo, a causa di arbitrarie decisioni degli organismi del potere – dalla Corte Costituzionale alla televisione di Stato – si giunge a strutturare dappertutto maggioranze relativiste di responsabili “politically correct”, conformi in tutto alla legge di Peter.
Infatti è abituale dover constatare come i razionali non credenti e i cattolici, apparentemente minoritari, debbano lottare sia sul piano culturale e spirituale che politico. Mentre questi militanti del “pensiero unico” possono limitarsi, con una falsa facilità, sul terreno materialista e semplicistico in modo incommensurabile con i difensori di tutti i “principi non negoziabili” e ontologici, per definizione superiori o divini. E finalmente anche maggioritari perché molto popolari.
L’incompetenza “tecnica” è denunciata incomparabilmente dalla descrizione del processo descritto da Peter, di inseguire il posto sempre superiore fino all’assurdo di un mondo strutturalmente e preordinatamente inefficiente. Esso si dota così di una riduzione volontaria sul piano culturale e anche antropologico di ciò che umanità, molto semplicemente, vuol dire.
I cristiani e i non credenti di buona volontà lo sanno con pertinenza. E si assumono la grande responsabilità di posizionarsi per salvare la civiltà.
E cercar di “assicurare” la salvezza del mondo da parte del Creatore.
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