È da tempo che ho intenzione di scrivere sulla misericordia e, per l’appunto, un piccolo post sulla questione. La ragione di questa urgenza, comunque riportata, è l’estrema frequenza con la quale nelle omelie, nelle conversazioni e nei media, si parla – justamente e a proposito – di misericordia come di una caratteristica identitaria e sorgiva del cristianesimo. Ero a Roma per l’incontro di Comunione e Liberazione col papa Francesco ed avevo appena finito di scrivere questo piccolo testo: in francese, allo scopo di concepirlo più facilmente con una visione internazionale e non solamente italocentrica. Ritornando a Bruxelles, ho appreso con stupore ammirativo – come del resto tutti – la decisione dell’Anno della Misericordia nel 2016. Ho riletto il mio testo per verificarne almeno l’opportunità… Eccolo.
Naturalmente non sono un teologo che pretene gerarchizzare e convalidare i contenuti del cristianesimo: sono solo un piccolo imprenditore. Rivendico solamente il buon senso e la logica formale che scaturiscono dal Magistero e dalla grande Tradizione della Chiesa. Questi si rivelano, devono rivelarsi, anche in un comune fedele come me che cerca di seguire gli insegnamenti evangelici e del potere pietrino.
Innanzitutto la misericordia è una virtù comportamentale derivata e non primaria. Essa non fa propriamente parte delle tre virtù teologali che il catechismo presenta sotto le denominazioni di Fede, Speranza e Carità. Queste sono fondanti e capitali. La misericordia è così un attitudine conseguente della radicalità di credere nell’Assoluto del Logos, di aspettarsi la Provvidenza generosa e immancabile, e di praticare la Fraternità divina secondo la Legge dell’Amore. La religiosità cristocentrica ricorda come esempio supremo della misericordia quello di Gesù morente nell’innocenza sulla croce che perdona i Suoi nemici. È la perfetta radicalitàdella Sua fede nel Suo Padre e nella Trinità che produceva et produce sempre, per conséguenza, la Sua infinita misericordia! Trovo invece che il significato piuttosto corrente di misericordia, quella di cui si parla così frequentemente, si apparenta più a un generico atteggiamento, benevolente o dubbiosamente indulgente che non scaturisce dal rigore supremo, trascendente e irriducibile dell’Amore di Dio.
La radicalità totalizzante della religiosità è dunque la sorgente – e non altro – della buona pratica cristiana della misericordia.
Misericordia non vuol dire, in effetti, essere accomodanti o diventare decorosi, per non dire piacevoli. O anche diventare opportuni, compiacenti e gentili. In italiano la parola“buonismo” identifica tutto ciò che non rientra nella misericordia. Parola, questa, che ha conservato esclusivamente – in generale – un’accezione religiosa, vale a dire globale (dal latino religare, collegare la totalità, tutta la totalità ad ogni realtà). È da qui che si può diventare davvero misericordiosi nel sostanziale senso cristiano. È a partire da un rigore e una radicalità verso la Verità, rispetto all’illimitato assoluto di Dio, che nasce la misericordia. Altrimenti si opera una cosidetta mediazione e non un perdono creaturale che implica sempre il rifugiarsi, anzitutto, sotto le comuni ali del Creatore…
Abitualmente, invece, si procede a un doppio compromesso, attenuando sia la Verità che l’attitudine “buonista” della cosidetta tolleranza. Per essere davvero misericordiosi, bisogna piuttosto aumentare l’intransigenza nella propria sottomissione alla volontà divina, da cui scaturisce la forza, apparentemente “assurda e inaudita”, del perdono dei propri nemici, come insegnato da Gesù.
La radice di questo frequente errore risiede in una pratica superficiale e molto diffusa nella concezione della mediazione stessa, secondo la quale si giunge ad una sorta di “fifty-fifty”. La vera mediazione, invece, ha sempre come cosciente, se non esplicito riferimento la polarità di principio che deve restare sistematicamente chiara, da dove la mediazione (il perdono) parte e deve partire. Prima di perdonare i Suoi nemici (compresi i Suoi apostoli), Gesù aveva a lungo spiegato le modalità – durante i tre anni evangelici – in un ignobile processo dove si era anche difeso razionalmente!
È in questo modo che possiamo davvero essere misericordiosi e non opportunisti. Soprattutto in un’epoca in cui i cristiani sono perseguitati nel mondo e nel nostro Occidente dal nichilismo relativista e ateista.
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