Come non vedere che l’aver individuato nel “vile e nobile denaro” l’origine paradossale della più pura poesia (agli antipodi astratti della materialità) nascondeva il segreto intrinseco della vera spiritualità, cristiana e da sempre solo cattolica? Ecco la nozione del denaro contro il Vangelo!
Non è una coincidenza se il debito pubblico non fa che aumentare sempre in tutti i Paesi. Malgrado le acrobazie economiciste e “riparatrici” dei vari lacché a capo degli organismi finanziari mondialisti: per gestirlo ancor più che governarlo! Ne è del suo destino diabolicamente programmato: essendo la moneta di proprietà non di tutto il Popolo lavoratore e unico produttore della vera ricchezza, non solo materiale; ma appartenente alle banche private che, con la loro logica usuraia e predatrice – massimamente lucrativa – non può che affermarsi nel suo sviluppo sostenibile. Non solo, ma tutta la finanza si è affermata negli ultimi due o tre secoli come motore centrale e mente strategica dello sviluppo economico, dunque culturale. Senza nemmeno fornirsi progressivamente di riserve d’oro! quindi, delle sorti immanenti e cosiddette trascendenti pure delle religioni. Queste tutte – a l’eccezione del Cattolicesimo detto tradizionalista – in quanto quello modernista attuale di Papa Francesco (sangallista ed eretico intermittente ad alta intensità) –, si sono allineate con l’ideologia falsificante, mondialista e globalista di Davos. È pure il motivo per cui sono Cattolico (senza pleonastici aggettivi), praticante la Messa di sempre in latino e – sul piano politico – non vado più a votare, sia alle elezioni generali che amministrative. È l’unica possibilità oggi rimasta di poter esprimere il minimo dissenso in Libertà di coscienza, nella consapevolezza dell’indissolubile unità romana tra Fede e Ragione. Nella priorità però assoluta attribuita per ontologia alla dimensione sempre trascendente! La critica attiva a tutta l’ideologia mostruosa di Davos non può costituire, quindi ai nostri giorni, che il trionfo del Piano salvifico veramente globale e veritativo del Cristianesimo, per l’Umanità tutta.
I veri grandi poeti erano tutti concretissimi materialisti ma trascendenti! Dante, Shakespeare, Leopardi … avevano una visione sostanziamente unitaria tra Fede e Ragione, tra corpo e anima: la moneta come origine della ricchezza immanente è oggi il Crimine supremo per eccellenza…
Tutta la Civiltà detta cattolica, da mezzo millennio (cioè dalle rivoluzioni sempre violente, soprattutto protestanti ed eretiche), è stata fondata sull’unità del realismo trascendente della Fede con la Ragione umana: la seconda ovviamente subordinata alla prima. Sebbene essa sia autonoma e non separata con indipendenza; col materiale rispetto al vitale, ossia col corpo in relazione allo spirito… Ovvero, con la divina concezione “scolastica medievale”, tomista e francescana (però di san Bonaventura e non modernista come attualmente, non solo ad Assisi!). Lo spiritualismo pietistico e sentimentaloide è sempre stato realmente aborrito dal Cristianesimo. Che ora sembra ne abbia fatto il suo idolo (residuale) più quotidiano e diffuso. Soprattutto dopo le aberranti concezioni teologiche del recente gesuita eretico tedesco Ranher! Il quale ne ha contaminato quasi tutta la Chiesa romana e apostolica, a partire dal Concilio Vaticano II. Oppure, si potrebbe piuttosto dire il contrario. Cioè che è la teologia, con la sua Dottrina ad essere stata infettata, compresa quella cattolica e a livello di massa, dall’utilizzo acefalo della filosofia immanentista e razionalista (assolutamente non razionale!). Scaturita dall’allontanamento dalla ricerca dell’Essere, da parte di tutto il pensiero detto moderno. Quello denunciato clamorosamente e con totale successo da Heidegger nell’ultimo secolo scorso! I veri grandi poeti, divenuti anch’essi molto rari, sono per definizione meno stravolti da siffatto sconvolgimento ontologico e pseudo-naturalista della loro concezione, per cui non è più il reale esistente il riferimento filosofico indispensabile; ma generalmente, è la cosiddetta coscienza tratta dal famoso “cogito ergo sum” (penso quindi sono) di Cartesio ad essere diventato il totem prestabilito d’office, per il pensatore cosiddetto moderno! Comprese le pratiche del minimalismo o delle bestialità edoniste (oltretutto sempre meno possibili, economicamente e vitalmente)! La poesia (non certo quella tragicamente massificata e semplicemente… stupida!) è più restìa – ancorché rarissima! – al modernismo fattuale che sembra aver conquistato tutta la politica: sia evidentemente di sinistra che anche di moltissima destra, se non quasi totalmente. Tutta la crisi della Civiltà, comincia ora abusivamente a essere attribuita all’Europa… Senza però farne distinzione da quella sua istituzionalizzata, attualmente della diabolica Unione Europea, superficiale e forse anch’essa inconsapevole guerrafondaia (con la sua politica sempre provocatoria).
I poeti possono prendere grandi abbagli sul piano politico. Il quale non dispone dei princìpi di cui essi si alimentano nel continuo! Non solo da parte di Pound ma anche del filosofo Heidegger…
Anche i poeti, oppure quanti dispongono di un temperamento poetizzante, nel caos organizzato dall’antropocentrismo ateo del nostro tempo, perdono comunque il loro centro di riferimento orientativo dell’ordine indispensabile alla loro visione, certamente non abitudinaria. Il grandissimo cattolico Chesterton, nel suo libro capolavoro intitolato Ortodossia di più di in secolo fa, mette in evidenza il paradosso tipico dei non prosaici (quindi dei poeti), che ben più degli altri hanno tendenza all’ordine fattuale. Abitualmente immaginato invece pacchianamente piuttosto fantasticheggiante con la dimensione falsamente estetizzante o concettualizzante… E sul piano politico che, per definizione, è privo dei principi che potrebbero fondarlo epistemicamente! Anche i poeti prendono spesso molti granchi clamorosi nei campi di non competenza. Succede loro più che ai filosofi che però non sono anch’essi esenti da cantonate ugualmente abbaglianti. L’esempio tipico è quello di Heidegger: ancora iscritto al partito tedesco nazista quando, alla fine della seconda guerra mondiale, non si trovava più un nazista tedesco in circolazione… Come del resto non si poteva trovare facilmente un fascista, nemmeno in Francia tra i milioni di ex-petenisti, né in Italia tra i mussoliniani segretamente orfani rimossi… Anche Pound finì in manicomio rinchiuso per dodici anni (!) senza processo (perchè improcessabile come ogni buo poeta), per opera dei suoi stessi connazionali americani, sempre più abbrutiti nell’edonismo a gogò (dalla fine delle ostilità devastanti dopo il 1945)! Inutile quindi, cercar di formulare giudizi inevitabilmente politicisti e incommensurabili per filosofi e, ancor più, per gli stessi poeti, rispetto alle ideologie politiche infondate, cui avevano solo molto idealmente aderito, con sempre straniazioni di pensiero oppure di baldanzosità epiche o liriche… Ridicolo considerare Pound “fascista”, quando la sua passione si potrebbe dire “ossessiva” era l’economia translata e non la stessa… politica praticata per vent’anni. Quasi medesima considerazione per Heidegger giudicato “nazista”, quando si sa che nutriva solo un filosofico disprezzo per la falsificazione del liberalismo americano (per lui profetica), oggi sempre più incompresa, ancora, quasi universalmente! La politica, resa priva dei suoi principi esterni che la possono fondare come veritativa e utile fino alla necessarietà, costituisce ancora una chimera d’impossibile accesso. Nemmeno da poteer pensare per tutti i politici, oggi mondialemente situati nella falsa ideologia politicistista e parziale ignara! Molto più grave è la cecità della stessa politica contemporanea, che i travisamenti grossolani e utopisticamente mirabili – sempre gnostici – di una disciplina forse solo ingenuamente denuclearizzata, hanno resa completamente razionalista! Quindi lontanissima dalla Ragione.
Il diabolico valore della moneta assurto con lo Stato assoluto del Leviatano hobbesiano a idolo estremo del dannato mondo capitalista, falsamente contraddittorio, comunista e trasformista…
Basti pensare a quanto si sia ancora lontanissimi dalla pur iniziale fondatezza epistemica di una politica che pensa. Illusoriamente e al massimo sempre falsificante: il liberalismo occidentale come unica possibilità di teoria politica oggi praticabile. E questo piuttosto che nell’inferno della nostra schiavitù completa sinistroide. Il fatto di aver assistito increduli in Occidente, alla confessione pubblica di fronte al mondo intero, nel 1989-91, dello spontaneo fallimento del comunismo, non ha conferito al liberalismo americano alcun nuovo salvacondotto accettabile! Anzi, l’illusione accarezzata dalla politica politicista generalizzata ha incrudelito sia gli Stati Uniti che l’Europa (nel senso dell’UE, soprattutto occidentale) che la palingenesi politica sia appannaggio del liberalismo infinito e assoluto, completamente sinistreggiante! Hobbes l’aveva teorizzato col l’involontario mostro apocalittico del Leviatano. Ora tutto sembra realizzato storicamente con l’invio, più o meno frenato, delle armi in una guerra strutturalmente ineguale (quella soprattutto ucraina) il cui teatro territoriale è nel cuore masochistico dell’Europa stessa! E con lo sfiorare da molto vicino anche della guerra nucleare definitiva, nel rischio di totale auto-distruzione della Terra! L’idea che il comunismo sia stato prodotto dal pur evidente marxismo, figlio oggi prediletto (si potrebbe dire) dell’idealismo hegeliano immanentista e cosiddetto dialettico, nella sua sostituzione dello “Stato assoluto” al progetto di Regno di Dio su Terra, è purtroppo ancora una visione nemmeno avveniristica. Per uscire dal vicolo cieco dell’orribile liberalismo totalitario attuale e post-democratico, il cattolicissimo Distributismo aspetta di essere anche solo citato dal Vaticano: da più di un secolo! Direttamente tratto dall’enciclica Rerum novarum del 1891 del grandissimo Papa Leone XIII, l’applicazione teoretica del Distributismo attende sempre paziente di essere almeno riconosciuto. Solo l’Osservatorio Van Thuân di Trieste, col suo ex-presidente fondatore arcivescovo Crepaldi e il direttore filosofo e teologo Stefano Fontana, governa e diffonde questa oasi di sapienza teologica, dottrinale e veramente politica nella nostra modernità. A dire il vero, anche Radio Maria, la Società chestertoniana italiana e, soprattutto, l’Associazione Distributista di Bergamo sono assidui alla divulgazione della nuova teoria (di più di un secolo fa) economico-politica. I movimenti detti cattolici e ben modernisti (!) non ne sanno colpevolmente… assolutamente nulla!
È il Distributismo ben cattolico della “proprietà privata diffusa” di Belloc, Chesterton e McNabb a incarnare il principio divino dell’appropriazione responsabile e transitoria del concreto Logos!
L’ormai mitico poeta cosmopolita Pound, cantore con i suoi Cantos anche dalla gabbia a rete di ferro, in cui era stato rinchiuso senza mai processo (!) dai suoi Americani “liberali”. In una tortura inaudita, aperta alla vista intollerabile di tutti ed ognuno, giorno e notte. Occorrerebbe che la visione religiosa dei Cattolici si risvegliasse anche di fronte all’evidenza ormai incomprensibilmente negata di una teoria politica completa e alternativa al tant’odiato liberalismo assurdo. Anche nella sua usurpata denominazione. L’unica rimasta alquanto razionale rispetto a quella “liberal-comunista e statalista”. Di cui la fondatezza dottrinale, anche astrattamente e fatalmente celebrata da molti Papi, è passata in realtà inosservata allo stesso Magistero ecclesiale. Con tutte le sue argomentazioni critiche e naturalmente ontologiche. Il trio anglofono, con vari libri, conferenze e articoli hanno accompagnato le prime effimere fortune del Distributismo, soprattutto negli Stati Uniti. Il quale era stato preceduto, fin dalla fine della prima decade del novecento da Belloc, il parlamentare amico intimo di Chesterton. Egli aveva concepito la prima applicazione storica disributista, con la pubblicazione de libro “Lo Stato servile”. Anche Chesterton e il monaco cattolico irlandese McNabb (il quale aveva assunto la funzione di direttore spirituale del trio fondatore), avevano scritto libri e saggi sul Distributismo. Non parlerò qui dei vasti contenuti di questa dottrina la cui origine risale a tutta la storia del Cristianesimo e soprattutto all’autentica modernità di Papa Leone XIII. Ho già presentato tali contenuti in altri post. Ci si ricordi comunque che la Chiesa cattolica, compresi i suoi movimenti laici, è tuttora generalmente ferma (nella sua Dottrina Sociale) alla sola e pur valida della storica Sussidiarietà… Come pure essa pare abbastanza dimentica o rimossa nel ricordare che, già nella Genesi del Vecchio Testamento, è messo in evidenza come sia il valore principale umano, centrale e decisivo della “proprietà privata”, intrinsecamente responsabile al massimo. Sebbene essa sia provvisoria quanto il relativamente breve persorso della Vita terrena, ben finalizzato al godimento transitorio del “bene universale”! Armonia celeste anche su Terra, secondo l’interpretazione molto allargata ed estensiva del greco “logos”.
L’origine criminale dell’attribuzione privatistica alle banche centrali dell’emissione di moneta, fino all’assurdo vocazionale della lotta di classe, propagandata nella subordinazione generale e coatta. Mi preme ora solo sottolineare rapidamente la doppia funzione peccaminosa del politicismo totalitario: vocazionale ed economico. Abitualmente, anche il Distributismo viene presentato dal punto di vista soprattutto della soluzione per “l’uscita dalla servitù dell’infernale capitalismo”, anche dai suoi stessi adepti: sotto l’angolatura della sola o predominante ingiustizia economica… Il vizio capostipite di concepire la produzione di denaro indipendentemente dalla creatività umana, alla base della valorizzazione propria del Lavoro, aveva già reso evidente l’ingiustizia strutturale di tutto il sistema capitalista. Il conseguenziale marxismo non aveva fatto che peggiorare ancor più il modello hobbesiano a cui voleva porre rimedio, nell’idealismo poi hegeliano! Non molto toccata, quindi, è la sua importanza risultante dal punto di vista pedagogico. Il problema, in effetti, è quello di richiamare all’essenziale teleologico, finalista, del supremo Lavoro, nella definizione dell’indispensabilità di misurarsi con la messa in atto della propria attività creativa associata, per volere divino alla Creatività originale e trascendente del… Creato. Non molti, naturalmente, potranno giungere a creare una nuova impresa per sé e per altri dipendenti. Ma tutti dovrebbero cimentarsi nell’intrapresa come dovere originario del progetto vitale e vocazionale. La vocazionalità della creazione del valore aggiunto, almeno per se stessi e la propria Famiglia, costituisce una fase principale nell’educazione, pure personale di ciascuno, nell’assicurare alla propria vita e alla società di appartenenza identitaria la riuscita della propria indispensabile utilità sociale. Fino al caso dell’insuccesso pratico della propria iniziativa… La quale risulterebbe fondamentale, se non altro per sventare la gravissima deformazione prodotta, invece, dal perverso capitalismo passivo. Il quale induce a nemmeno pensare di creare una impresa personale o anche piccolissima. In ogni caso fondata sulla proprietà della propria Famiglia, anche per la raccolta dei capitali iniziali: duramente risparmiati e messi a disposizione per la suprema causa vitale. In caso di insuccesso, si sarebbe autorizzati, infatti, a cercarsi un lavoro subordinato, come si fa praticamente sempre e quasi inconsapevolmente. Ma in questo caso si ovvierebbe, o si dovrebbe evitare, la falsificazione ideologica corrente per cui la non conclusività del proprio vero progetto libero – per quanto infondato e fallimentare – servirebbe almeno per evitare la stortura letale della lotta di classe: al liberalismo e al comunismo correnti!
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