Quali sono queste due polarità quasi straniere e reciprocamente sconosciute tra loro, con lo stile dell’immaturità del Cattolicesimo contemporaneo, in piena crisi ecclesiale e storica?
L’amore di Dio si concretizza per gli uomini con il dono dello Spirito Santo e, soprattutto, con quello dell’incarnazione del Suo Figlio Gesù con tutta la Sua Passione, compresa la Sua Risurrezione. In modo da ottenere la sintesi indivisibile delle due entità costitutive del Cristianesimo. Essi sono la sua Salvezza eterna e l’Evangelizzazione, uniti al Sacramento dei Sacramenti materializzato dalla Chiesa cattolica e dai suoi sette Sacramenti legati indissolubilmente all’esistenza umana. I quali costituiscono la Liturgia pregante autentica e l’unità totalizzante della Vita! Tutta la molto lunga era del Medio Evo aveva già riunito in una sola dimensione questa perenne e ontologica coniugalità spirituale perfettamente teologica, della possibile Giustizia e della reale Felicità eterna. Ma il diabolico non aveva mai smesso di lavorare per far uscire gli uomini da questo stato di Grazia e affondarli progressivamente nell’immanente, inevitabilmente anti cristocentrico. Ed incamminarlo verso una demenza molto erudita, che si può costatare nel dilagante nostro mondo miscredente e ora totalmente sperduto. L’unità divina e quella terrena spappolata avevano iniziato il loro divorzio, come la Fede contro la Ragione causate dagli gnostici di sempre. Cosìcché la separazione della vita della Chiesa da quella del mondo giungesse a perfezionarsi e a completarsi. Lo Stato totalitario cominciava così a dettare la sua follia umana! Fino al compimento, con le due guerre mondiali del ventesimo secolo, della sua demenza criminale, costituita dall’olocausto nazista e dal comunismo collettivista in fallimento confessato spontaneamente nel 1989-91. In questo contesto disperante che aveva infettato profondamente anche il Cristianesimo cattolico, due uomini sono sorti come strumenti della Verità e della Salvezza eterna. Due cattolici rigorosi ordinati preti, apostoli vocazionali ecclesiastici del Dio trinitario, per ri-annunciare il rigore e tutta la sostanza salvifica dell’integrale Messaggio di Salvezza cristiano. Si potrebbe dire, in modo ben separato e autonomo, che monsignor Lefebvre e don Giussani (anch’egli destinato a diventare prelato), abbiano realizzato, nella loro vita e in corrispondenza dell’era del modernista del Concilio Vaticano II, le due opere necessarie e divine per la Salvezza evangelica. Che erano in gravissimo difetto: la lotta esplicita contro contro il modernismo soprattutto liturgico e teologico nella Chiesa, da parte del missionario francese sempre tenuto in inimicizia dai benpensanti non solo principalmente romani; e, dall’altro lato, la ricostruzione ab ovo della Comunità cattolica laica degli uomini veramente moderni, da parte del prete italiano e ambrosiano (amato invece, grazie anche al successo eccezionale quantitativo e ben visibile, ma non senza contraddizioni, da quasi tutto l’alto clero). Dalla loro azione, il Cattolicesimo non potrà più essere lo stesso nelle sue polarità costitutive: la Liturgia divina e la Comunità cristiana, martirizzate da detto modernismo anchesì secolarizzato!
La radicalità apostolica e tradizionale della Fraternità sacerdotale lefebvriana, come prima polarità. E la seconda, estremamente religiosa e innovativa giussaniana con il suo Movimento laico: nel loro anti-modernismo diventato anche relativamente di massa, per ragioni apparentemente opposte. Ma riunite nel potenziale della calamita salvifica cattolica!
La nota “dura cervice” dell’uomo peccatore sottomesso al “Peccato originale” mostrava sempre già l’immensa sapienza della Trinità, ad abituare l’umanità a una temporizzazione realmente divina riguardante le “scadenze” materiali. E sopra naturali della sua storia. Peraltro, si consideri che gli uomini – di cui tutta la Chiesa è costituita – sono fragili malgrado la loro santificazione sacramentale, dunque lenta ad avanzare: quando non retrocedano decisamente nell’eresia. Del resto, come pensare di assicurare la Salvezza eterna con una Chiesa clericale piuttosto di tendenza eretica nel modernismo intermittente? Questa è la ragione preliminare dell’enorme responsabilità anche dei laici cattolici che, oltre alle incombenze proprie, è attribuita loro la responsabilità dei destini della totalità dottrinale della Chiesa e della sua influenza nella civiltà del mondo. Le quali non possono riposare – come mille volte avvenuto nella storia – sulla fedeltà acritica e incondizionale in rapporto all’Autorità ecclesiastica. E pure, nei confronti del Papa in particolare ben fondata nella Tradizione del Magistero dogmatico – quella storica del “Non possumus” pontificale – allorquando si hanno prove che essa non è stata onorata… Per esempio, a parte il grande episodio teologale di sant’Attanasio, il diventato Dottore della Chiesa dopo la morte, spedito in esilio per eresia cinque volte da parte di quasi tutto il clero della sua epoca: realmente eterodosso questo, su un problemino come quello del Credo di Nicea, ancora oggi recitato ad ogni Messa. C’è però un altro caso clamoroso nella nostra era detta moderna, il grandissimo prelato anclicano Newman, dopo la sua conversione al Cattolicesimo, nel 1845, da ex-leader teologico indiscusso di tutto il protestantesimo protestante a Oxford. Dopo il suo arrivo a Roma per sottomettercisi, era stato spedito alla storica chiesa di Santa Croce a Firenze, per ben lavarci i pavimenti: come se la sua conversione alla vera religione fosse stato il suo peccatuccio che bisognava correggere – lui già vecchio – con estenuanti corvée (che aveva comunque assunto con fiera umiltà…). Il valentissimo Papa Leone XIII, in compensazione e molto dopo alla vigilia anche della sua morte, per riconoscenza soprattutto della sua altezza spirituale e dottrinale incomparabile (non solamente per la sua epoca), lo nominò cardinale. E questo più d’un secolo prima della sua molto naturale canonizzazione di qualche anno fa. Si è così potuto così vedere un Concilio Vaticano Primo, concluso nel 1864, nel quale il clero cattolico aveva riaffermato il principio sacrosanto dell’obbedienza all’infallibilità del Papa (fedele però e in ogni caso alla Tradizione della Chiesa). Senza assicurare un minimo di sapienza veramente misericordiosa di una parte importante del clero, ben operazionale burocraticamente e ufficialmente… Da più di sette anni frequento in famiglia la Messa in latino a Bruxelles della Fraternità san Pio X, fondata da monsignor Lefebvre. Oltre ad apprezzare l’antica disposizione di tutti i fedeli, compresi il celebrante, che guardano rivolti all’antico ed eterno Altare con il Tabernacolo di fronte a Dio, non posizionato come per una sorta di pasto “conviviale”… In luogo di partecipanti all’eterno Sacrificio divino! Sono così stato folgorato dalla dimensione di una sacralità suprema, praticamente quasi perduta, con Giussani ben in vita che ne aveva ricuperato tutto l’afflato trascendente. Attraverso l’incanto (sempre antico) di una patecipazione ecclesiale totalizzante. Da un rituale invece divenuto generalmente piuttosto secolarizzato e esclusivamente quasi orizzontale (vedere il grosso volume di quasi 500 pagine del prete americano Antony Sekada, pubblicato in francese nel 2021 per i tipi dell’editrice “Via Romana”, intitolato “La messe de Pape VI en question”). Le due dimensioni credute rimesse al centro del Cattolicesimo dai nostri due servitori della Trinità, nella Liturgia del Regno dell’Universo divino e la Comunità veramente cristiana riconoscente e storica, hanno mostrato al mondo detto moderno le due polarità autentiche e naturali (ontologiche) di cui l’uomo ha sempre essenzialmente bisogno. Nella normatività soprannaturale e quotidiana della vita comunitaria, nel campo del Cristo Re di tutto l’Universo e della ligua universale.
L’equivoco dell’epiteto “tradizionalisti” appiccicato ai lefebvriani come fossero contrari alla missione di non approfondire la teologia di Cristo: per lottare pure contro il moralismo anti-cristocentrico spiritualista attribuito ora anche ai detti ciellini, soprattutto rimasti obbedienti al Papa ma incondizionalmente e fautori di un Cristianesimo ora sentimentalmente intimista.
Naturalmente, il mondo quasi miscredente e piuttosto ora diabolico del “Cattolicesimo immanente” – pure interno alla Chiesa – ha immediatamente trovato subito le false argomentazioni, piene di luoghi comuni mistificanti, per attaccare mortalmente i due movimenti evangelici e trinitari (quello di CL non senza nuove ragioni). Monsignor Lefebvre è morto nel dolore prima che Papa Ratzinger abbia reintegrato – in via di totale santificazione dal suo antico modernismo che l’aveva associato al suo collega tedesco, gesuita eretico Rahner – la cui scomunica sotto Papa Giovanni Polo II, nel 1988, era avvenuta da parte del Cattolicesimo romano. E, dall’altro lato, don Giussani, anche lui già partito in Paradiso appena più tardi, quando ha potuto vedere svoltare il suo Movimento di CL verso il modernismo eterodosso aperto (senza naturalmente mai annuciarlo). E soprattutto otto anni dopo, quello sempre più esplicito, di Papa Francesco, da lustri sangallista. Confermato ormai, dopo anni di pontificato ideologico ben “intermittente” e su punti più fondamentali alquanto eretici che fedeli, all’indispesabile Tradizione ecclesiale. Questo “Movimento”, come tutti lo chiamano per tradizione, è stato ribattezzato e rifondato Comunione e Liberazione dalla precedente Gioventù Studentesca, alla fine degli anni ’60, e presente ora in quasi un centinaio di Paesi nel mondo! Abbiamo sotto il naso esempi di movimenti anti-eretici che hanno illustrato, nella più perfetta Verità, la santa storia della Chiesa cattolica e quella del mondo intero che son diventate esemplari per la Fede eterna ma, nella loro vita, condannate con persecuzione almeno morale. Al contrario, bisogna considerare che questi movimenti non hanno potuto spesso sfuggire a parti tipiche di eresia della loro epoca, che pure li avevano contrariati. Per esempio, se la dimensione della comunità cristiana nella Fraternità lefebvriana san Pio X è stata ridotta formalmente a pratiche marginalmente “pie”, piuttosto rare e coscientemente molto insignificanti, i ciellini sedicenti auto-proclamati ancora oggi giussaniani, continuano a escludere sicuramente la possibilità che le due loro svolte teologiche e dottrinali della loro storia (una di massa e l’altra più che altro di vertice) possano essere in relazione straodinariamente indicativa alla concezione almeno parzialmente interna. Praticamente si nega la svolta oppure, se accusati di tradimento, lo si nega ancora di più dedicandosi a false auto-celebrazioni di “fedeltà”… Così mai CL ha avanzato critiche esplicite e dirette al modernismo papale: tanto era intenta a produrre e difendere, soprattutto prima della morte del suo fonadatore Giussani, la sua religiosità nella continuità quotidiana della sua famosa “esperienza“… Parlo qui della crisi totale del 1968 e, dopo la dipartita in Cielo del don Gius nel 2005, del secondo episodio di rango degenerativo e mortale, sebbene di natura opposta (auto-distruttiva totalmente consapevole la prima et trasformativa inconscia e neo-eterodossa, di vero e proprio tradimento, la seconda, a partire dal 2006). I due episodi evenemenziali, sono stati sempre esclusi dalla possibilità che fossero il portato da motivazioni originarie o concettuali comunque pregresse, quantomeno nella visione soggettivista dei suoi partecipanti, soprattutto nuovi…
La cultura teologica contemporanea, anche quella non apparentemente modernista, non sembra giunta a nemmeno mettere sotto accusa lo iato tra l’insegnamento giussaniano ben ovazionato (la sua personale religiosità!), e il parziale “permissivismo marginalmente modernista” quasi pubblico.
Anche il recente grande Convegno di Lugano sulla “religiosità ciellina” non ha mai nemmeno abbordato il problema, senz’altro esistito almeno tra l’insegnamento e il realmente percepito e vissuto dal Movimento di CL… In realtà chi è mai giunto ad accusare CL di almeno alcune tendenze antropocentriche praticate proprie dell’”ambiguo concetto” religioso di esperienza comunitaria dalla sua fondazione nel 1953-54? In quanto storicamente dominanti nella società, più che teorizzate dottrinalmente, a causa dell’impossibilità di minimamente criticare don Giussani di… modernismo immanente, lui ambrosiano brianzolo e venegoniano! Tutto questo, in clamorosa opposizione con tutta la storia di CL assolutamente caratterizzata dall’opposizione militante e impetuosa dell’Azione Cattolica parrocchiale e degli universitari della Fuci. Due movimenti (non solo italiani) ufficiali già praticamente sprofondati nel nulla religioso del modernismo storico delle loro posizioni burocratizzate, immanenti e spiritualiste. Già all’inizio degli anni settanta, il Papa Paolo VI aveva atteso invano siffatti movimenti alla grande manifestazione di piazza San Pietro a Roma (riempita però da ciellini!), dopo il Concilio sedicente “pastorale” e la sua enciclica Humanae Vitae, totalmente rifiutata dal modernismo ormai dominante! I movimenti detti cattolici assenti all’appello pressante del Papa, erano all’epoca i comunque i nuovi benamati dal clero malgrado il loro modernismo evanescente nella loro stessa reale (in)esistenza e sopravvivenza. Don Giussani ha dovuto attendere più di trent’anni (!), affinché il suo Movimento di CL fosse riconosciuto ufficialmente, con astuzie d’occasione. E in modo analogo al trattamento persecutorio subìto da monsignor Lefebvre. Riconoscimento perdipiù da Giovanni Paolo II, già frequentato dai ciellini da lustri, in Polonia come vescovo profetizzante già di grande valore (non esente da pecche fatalmente moderniste come quelle “ecumeniche” e sempre naturalmente infeconde di Assisi con le altre pseudo-religioni!
Ma tutto ciò sembra essere totalmente deviato dalla memoria degli attuali ciellini troppo pieni di essere stati gli… “apostoli, i soli e veramente religiosi al mondo” (con invece due falliment storici completi in meno di cinquant’anni!). Ma i militanti più anziani non dimenticano le collere omeriche e autentiche di don Giussani scatenato sempre contro l’idolo, immanente e non trascendente comunitario. Che immancabilmente diventava la “gioiosa compagnia d’intrattenimento” che molto spesso era diventata ai suoi occhi religiosi, come tendenza forse inevitabile (ma non per tutti!) e fatale del tempo… “Della vostra compagnia, me ne infischio!”, erano alcune parole riproducibili d’occasione che il grandissimo uomo di Dio, in disillusione periodica. E di fronte alle assemblee sempre sbalordite dalle sue parole sempre veramente… cielline. Sembra, in ogni caso, che questa falsa coscienza ben ridicola dei membri attuali di CL rimasti sempre allegramente nel Movimento (salvo le molte migliaia di ciellini fuggiti, come me, dal Movimento dopo 2006-07, fedeli alla religiosità originaria e “sorgiva” giussaniana (come tanti militanti, preti, suore consacrate, promessi di San Giuseppe e Memores Domini ), protagonisti di una epoca chiaramente e anche ben comprensibilmente hadicappata nell’eresia… E che rischia de rimanerlo ancora per molto a lungo, quantomeno per la distanza reciproca, sebbene vedette non solo promesse, del ventesimo secolo. Preghiamo.
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